Giugno, mese del Pride. E l’Italia arranca ancora

Per Dario Longo, partner di Linklaters, «sentirsi liberi di fare coming out non è scontato, soprattutto in uno studio d’affari italiano»

di michela cannovale

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È iniziato giugno, il mese del Pride. Delle grandi parate e celebrazioni della comunità lgbtqia+. Perché annualmente cada proprio in questo mese è collegato alla rivolta di Stonewall del 28 giugno 1969 quando, nelle primissime ore del mattino, la polizia fece irruzione in un popolare locale gay di West Village, a New York: lo Stonewall Inn. Di blitz del genere, ai tempi, se ne contavano a decine. Ma quel giorno fu diverso. Quel giorno la comunità gay, composta inizialmente solo dagli avventori del locale, decise di ribellarsi. La rivolta andò avanti per giorni, dando il via a quelli che furono poi ribattezzati come i “moti di Stonewall”.

Un anno dopo, sempre a New York, fu organizzato il primo Gay Pride. Era il 28 giugno 1970. “Migliaia di giovani omosessuali uomini e donne da tutto il nord-est hanno marciato da Greenwich Village a Sheep Meadow e Central Park proclamando la nuova forza e orgoglio delle persone gay”, scriveva allora il New York Times.

Quest’anno il Pride compie 53 anni, ma la tutela delle minoranze e delle categorie a rischio, in
cui rientra anche la comunità omosessuale, non sembra essersi altrettanto evoluta.

Negli studi d’affari legali, soprattutto quando non internazionali, non è sempre garantita l’assenza di discriminazioni. Anche solo fare coming out non è un passaggio scontato. Certo, rispetto a un decennio fa ne abbiamo fatta di strada! Eppure… Eppure, non è sufficiente. Ne ho parlato con Dario Longo, partner di Linklaters ed ex presidente di Parks. Trovate tutto in questa nuova puntata di Diverso sarà lei, da seguire con attenzione. Buon ascolto a tutti!

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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