Fra presente e futuro: le (multiple) sfide di Fresenius Medical Care
di alessio foderi
Essendo uno dei principali fornitori di prodotti e servizi per le persone con insufficienza renale cronica, Fresenius Medical Care conta circa 345.000 pazienti nella sua rete globale di oltre 4.000 cliniche. Si consideri che, secondo gli ultimi dati, 3,5 milioni di pazienti nel mondo hanno bisogno di cure dialitiche. Allo stesso tempo, poi, Fresenius gestisce 45 siti produttivi in oltre 20 paesi, per fornire prodotti come macchine per dialisi, dializzatori e relativi articoli monouso. In totale, la società è attiva in oltre 150 paesi. Inutile dire, quindi, che durante una pandemia la sfida di continuare a svolgere queste attività diventa l’obiettivo principale.
Per capire come l’azienda affronta questa delicata situazione dal punto di vista legale, MAG ha intervistato Kees van Ophem, che è entrato a far parte di Fresenius Medical Care nel gennaio 2015 come executive vice president e global general counsel. Con una lunga carriera nel settore delle telecomunicazioni, van Ophem è passato nel Life sciences nel 2005, diventando general counsel internazionale da Medtronic. A Fresenius, oggi, supporta la strategia sanitaria integrata verticalmente in grado di fornire soluzioni terapeutiche direttamente ai pazienti in tutto il mondo attraverso i suoi dispositivi e servizi medici.
Che tipo di impatto sta avendo il Covid-19 nel suo lavoro quotidiano?
La salute e la sicurezza dei nostri pazienti e colleghi sono la nostra massima priorità. Per questo abbiamo notevolmente aumentato gli standard di sicurezza e igiene nelle nostre cliniche di dialisi. In questo modo, possiamo continuare a fornire ai nostri pazienti, che sono classificati tra i gruppi a rischio fra i più vulnerabili, le cure necessarie. Visto che i governi hanno messo in atto misure di emergenza e la pandemia si è via via accentuata, è davvero una sfida mantenere le supply chain in attività in tutte le nostre sedi e, al contempo, proteggere i nostri pazienti e dipendenti. Ad esempio, per continuare a rifornire le nostre cliniche e i nostri clienti nonostante la miriade di nuove misure e talvolta contraddittorie, abbiamo deciso di investire in spazi aggiuntivi in diversi paesi. In questo modo possiamo assicurare ai nostri pazienti una fornitura ininterrotta di prodotti salvavita.
Considerando la vostra attività, immagino che lo smart working non sia un’opzione per tutti…
Esattamente. Per quanto riguarda il personale in ufficio, lavorare da remoto è un’alternativa praticabile. La tecnologia ha finora dimostrato di essere all’altezza. Ma questo è vero, però, solo per una parte di noi, proprio perché gli infermieri e i medici che lavorano nelle cliniche devono essere lì, fisicamente, e assistere il paziente. Stessa cosa vale per gli impiegati nei siti di produzione, i servizi tecnici e il personale di manutenzione. Abbiamo anche prodotti e servizi di dialisi domiciliare, ma ciò richiede misure speciali a domicilio e molti pazienti preferiscono o necessitano di cure in clinica. Allo stesso tempo, i siti di produzione richiedono la presenza dei dipendenti: sebbene abbiamo investito molto in automazione, abbiamo ancora bisogno di persone per non interrompere la produzione in corso.
Come funziona l’emodialisi domiciliare?
Il processo è simile a quello in clinica, tranne per il fatto che la macchina per dialisi e il trattamento sono a casa. Tuttavia, è necessario essere in contatto con i medici e il personale addetto alla manutenzione, ma si può parzialmente eseguire da remoto tramite strumenti di tecnologia digitale. Durante l’emodialisi domiciliare e in clinica, il sangue viene filtrato all’esterno del corpo attraverso un dializzatore o un «rene artificiale» per espellere i residui indesiderati, le tossine e i liquidi in eccesso.
Crede che questa situazione rappresenti un’opportunità per il dipartimento legale? Se sì, perché?
Per i legali penso che sia un’opportunità per intensificare e supportare i team di gestione delle crisi. L’altro effetto collaterale imprevisto è che, almeno per il personale dell’ufficio, ci si rende conto che lavorare da remoto è del tutto fattibile. Offre maggiore flessibilità per il dipendente e per l’azienda consentendo una riduzione dei costi degli spazi per gli uffici nonché una diminuzione delle spese di viaggio. In futuro, per determinati ruoli, ci si muoverà sempre più verso una combinazione di smart working e lavoro d’ufficio. Oltre questo, viste le circostanze straordinarie, sul dipartimento legale c’è molta pressione nel tenere il passo con gli eventi e nel cambiare rapidamente le norme di emergenza: siamo in continuo contatto con le autorità date le particolari sfide del virus e le relative normative di emergenza.
Parliamo sempre di tecnologia. Qual è lo stato dell’arte di Fresenius in ambito digital health?
Abbiamo sviluppato soluzioni sanitarie digitali da molto tempo, ben prima della diffusione del virus. Il Covid-19 sarà un ulteriore accelerazione in questo campo, per non dire un vero e proprio impulso. La fattibilità tecnica in quanto tale è lì, ma a volte sono soprattutto i regolamenti che hanno reso difficile beneficiare pienamente delle possibilità tecnologiche. Ad esempio, in molti paesi i medici devono essere sul posto, fisicamente nella clinica, e non possono fornire i loro servizi da remoto. Speriamo che questa situazione dia slancio al cambiamento delle normative e consenta una maggiore flessibilità laddove ciò sia nell’interesse dei pazienti.