Flex Economy: i benefici per l’economia della fuga dai grandi centri

Il nuovo trend globale vede le grandi aziende svincolarsi dai centri delle principali città per aprire spazi di lavoro flessibile nelle aree extra-urbane o nelle zone di provincia. Gli effetti sulle economie di questi luoghi sono stati denominati “flex economy” e sono stati per la prima volta oggetto di studio da parte di Regus in 19 Paesi.

Mediamente, l’inaugurazione di un nuovo spazio di lavoro flessibile crea 218 nuovi posti di lavoro tra allestimento, gestione e occupazione del nuovo stabile. Leggermente sotto media l’Italia, con 200 posti di lavoro di cui 110 a diretto beneficio dei locali.

Importanti le rilevazioni sul valore aggiunto lordo (Val): si stima che uno spazio di lavoro flessibile medio generi 16,47 milioni di dollari ogni anno, con un’iniezione media di 9,63 milioni di dollari a livello dell’economia locale (legati in parte alle necessità di aziende e dipendenti, in parte alle migliori possibilità di carriera e guadagno per residenti e aziende dell’area).

Ancor più diretti i benefici potenziali per i lavoratori. In particolare si riduce il tempo dedicato agli spostamenti, con 7.416 ore di pendolarismo mediamente risparmiate all’anno. In Italia, la cifra si attesta a 6.735 ore, mentre negli Usa addirittura a 10.892.

Lo studio stima che nei prossimi 10 anni la flex economy possa generare 3 milioni di posti di lavoro con un’iniezione di valore aggiunto lordo a livello locale pari a 254 miliardi di dollari.

Gennaro Di Vittorio

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