Effetto domino sul Pride: se la politica USA raffredda anche gli sponsor italiani

a cura di michela cannovale

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Giugno è arrivato di nuovo, e con lui il mese del Pride. Un momento che per molti significa bandiere arcobaleno, eventi, parole di orgoglio e di memoria. Ma anche un periodo che ogni anno mi spinge a guardare sotto la superficie delle celebrazioni: cosa rende possibile tutto questo? Chi ci crede davvero? E soprattutto: cosa succede quando le condizioni cambiano?

Dietro a ogni parata c’è un mondo di lavoro e incastri. Perché allestire un Pride – e penso in particolare al Milano Pride, il più grande in Italia – richiede una struttura che nulla ha di improvvisato. Bisogna essere pronti su tutti i fronti: permessi comunali, un piano di sicurezza approvato dalle autorità, camion per la parata, service audio, palchi, artisti, grafiche, campagne social, uffici stampa, volontari da coordinare, traduzioni, documentazione, riunioni con la prefettura.

E bisogna avere i fondi per farlo. Molti di questi arrivano da sponsor: aziende e multinazionali che negli anni passati hanno scelto di sostenere, finanziare, firmare partnership. Di dire: “Siamo con voi”. Un gesto importante, non banale. Ma sempre più spesso carico di contraddizioni. Perché, oggi, stare “con” il Pride non è più così semplice, neanche per chi in passato ha già preso una posizione chiara. Non dopo che negli Stati Uniti il clima è cambiato e la campagna contro la diversity & inclusion ha trasformato quel sostegno in un potenziale bersaglio. Diverse aziende, così come varie law firm, sono finite nel mirino per aver osato appoggiare l’orgoglio Lgbtqia+. Il risultato? Anche chi fino a poco tempo fa sponsorizzava con convinzione, ora ci pensa due volte. Per paura di perdere clienti, azionisti, credibilità in mercati più conservatori.

E quando le multinazionali si raffreddano, l’effetto domino arriva anche qui. In Italia, organizzazioni come Arcigay Milano stanno già facendo i conti con un ambiente più guardingo. E non è solo una questione di budget – anche se quello conta, eccome se conta! È il segnale che l’impegno per l’inclusione può essere percepito come negoziabile, come qualcosa da dosare in base al vento che tira.

Ne parlo in questo nuovo episodio di Diverso sarà lei con Roberto Muzzetta, director business and legal affairs di Elcart Distribution e vicepresidente di Arcigay Milano. Buon ascolto!

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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