Diners Club Italia: il valore della compliance
È stata la prima carta di credito emessa nel mondo e in Italia (rispettivamente nel 1950 e nel 1958) e per anni il suo nome è stato sinonimo di esclusività e prestigio. Eppure il famoso marchio Diners Club ha vissuto anche momenti molto travagliati che ne hanno cambiato l’immagine, soprattutto nel nostro Paese. Prima la concorrenza sempre più agguerrita delle altre carte di credito,comparse sul mercato negli anni e poi i frequenti passaggi di mano che hanno infatti ridotto i clienti di Diners Club Italia e inciso sulla forza attrattiva della società.
Ad aprire il valzer di questi cambi di proprietà è stato, nel 1997, l’imprenditore molisano Tonino Perna che tentò di rilanciare la carta di credito, arrivando a sfiorare il milione di carte, per poi rivenderla nel 2003 a Citigroup (che già deteneva l’11,5%). Il socio americano la cedette quindi nel 2008 alla holding finanziaria Findale Enterprise, già titolare di Diners Slovenia. Durante questi anni il marchio vive le più grandi difficoltà. Segue quindi il passaggio a Discover Financial Service – spin off di Morgan Stanley – con cui Diners Italia inizia il lungo percorso di riassetto che si è concluso, nell’ottobre 2015, con la vendita alla svizzera Cornèr Banca.
Anni difficili che hanno messo a dura prova tutta la società ma soprattutto l’ufficio legale interno, chiamato ad affrontare complessi problemi di compliance sfociati, nel 2010, nel divieto emesso dalla Banca d’Italia di «intraprendere nuove operazioni con riferimento all’emissione di nuove carte di credito». «Il dipartimento legale di Diners Club Italia è stato, negli ultimi anni, al centro di un complesso lavoro di remediation con l’obiettivo di riportare ai livelli richiesti dalla legge la compliance del gruppo», spiega a MAG Giorgio Tosetti Dardanelli, head of law and compliance di Diners Club Italia dal febbraio 2014, che oggi dirige un team di quattro persone composto da: Mariella Giacalone, Federica Graniglia, Filomena Marini e Manuela Tredicine.