Digital health: quali implicazioni legali?
di alessio foderi
Nel 2020 è cambiato tutto. Soprattutto le modalità di fruizione dei servizi sanitari. Non a caso, sull’onda della digitalizzazione, si parla di salute digitale, ovvero del passaggio da un modello tradizionale a uno basato su innovazione nel campo sanitario, che racchiude sotto di sé molti sottoinsiemi fra cui la telemedicina. L’innovazione, infatti, risiede essenzialmente negli strumenti – dall’intelligenza artificiale alle terapie digitali – e nei metodi, come la televisita e il telemonitoraggio.
A ben vedere, però, il fermento del settore precede la pandemia globale che, pure, ha dato un fortissimo impulso. Questo è vero soprattutto in Italia, dove, dati alla mano, la direzione era chiara già prima del lockdown. Gli italiani, infatti, sembrano molto orientati alle esperienze digitali in campo sanitario secondo l’«Health Report 2020» che ha raccolto i risultati di un’indagine internazionale realizzata dal Gruppo Stada. Anche secondo il Future Health Index di Philips del 2019 l’Italia era già al primo posto per l’utilizzo delle tecnologie digitali da parte dei professionisti sanitari. In tutto questo, però, non vanno tralasciate le norme e le implicazioni che possono derivarne.
Telemedicina: quali rischi?
«Il fatto che l’interazione tra medico e paziente, distanti nello spazio, sia resa possibile attraverso le moderne tecnologie proprie appunto della digital health, impone l’adozione di cautele particolari, che richiedono un’attenta valutazione legale e di rischio da parte di chi produce e commercializza dispositivi e/o software; un esempio su tutti in questo contesto è certamente la telemedicina», spiega a MAG Cristiano Fresia, Senior Legal Counsel, Philips Italy Greece & Israel.
Anche se solo una minima parte degli italiani è preoccupata per la propria privacy in caso di utilizzo di app per la salute, è proprio la tutela dei dati personali dei pazienti che si annovera fra le maggiori implicazioni legali quando si ricorre a questa metodologia. «È evidente – continua Fresia – che la gestione di grandi volumi di dati sensibili comporta rilevanti responsabilità per chi è tenuto a garantirne la sicurezza e la riservatezza, in primis quindi per chi si occupa di soluzioni di telemedicina che, per legge, devono essere progettate in modo orientato alla protezione dei dati personali». Si parla, non a caso, di privacy by design.