Da giurista a country manager
Agnese Rocco (in foto) ha fatto il suo ingresso nel mondo forense nel 2004 collaborando con lo studio Watson Farley & Williams, dove per quattro anni ha offerto la sua consulenza a clienti e aziende operanti nell’industria energetica.
Nel 2008, poi, una svolta inaspettata: Rocco si è spostata in house, lavorando come giurista d’impresa per Solarig, gruppo nato nel 2005 che si occupa di transizione energetica attraverso soluzioni di energia rinnovabile e gas verde in Europa, America centrale e meridionale, Giappone e Australia.
Da Solarig non è più andata via, crescendo professionalmente e scalando le vette del management aziendale fino ad essere nominata, nel 2019, country manager per l’Italia.
Oggi indossa un doppio cappello: quello della stratega e quello della giurista. Anche perché, come ha raccontato a Inhousecommunity.it, «la mia formazione mi porta naturalmente a vedere i dettagli legali anche quando faccio strategie». Ecco cosa ci ha raccontato sull’evoluzione di ruolo che ha vissuto da quando è in house.
Parliamo della sua biografia professionale: ha iniziato come libera professionista in uno studio legale. Di cosa si occupava?
Ho iniziato quasi per caso, non volevo veramente fare l’avvocato. Sicuramente volevo fare qualcosa di internazionale, come lavorare alla FAO o in una ONG, ma volevo anche terminare la pratica forense e fare l’esame di avvocato. In tribunale ho avuto la fortuna di incontrare una persona collegata a Watson Farley Williams e, parlando con il partner del dipartimento energy, mi sono convinta ad entrare in studio per dedicarmi proprio a clienti nel comparto energetico. Ho scoperto di avere una passione per il settore della sostenibilità e dell’ambiente. È così che ho iniziato a lavorare in studio, rendendomi che mi piaceva molto fare consulenza, occuparmi di diritto commerciale e interagire con aziende in questo settore.
E come si è trovata?
Il mio capo dell’epoca mi disse: “Tu sei un delfino fra gli squali”. Intendeva dire che avevo un approccio soft, poco aggressivo per lavorare nel libero foro, dove tutti sono, appunto, degli squali. Non è stato facile ritrovarsi in questo mondo e farsi sentire, quindi ho dovuto tirare fuori i denti e rimboccarmi le maniche.
Poi si è spostata in house. Come mai questo cambio?
Mi sembrava che la vita in studio fosse incompatibile con la vita che volevo in quel momento. Ho quindi pensato di continuare come avvocato ma in house, anche se poi ho scoperto che era altrettanto impegnativo, visto che sono entrata come legale in house di una start up.
Di cosa si occupava inizialmente?
In questa posizione ho svolto un ruolo trasversale occupandomi praticamente di tutto, non ero solo legale, ma anche manager e segretaria. Eravamo impegnati nello sviluppo del mercato italiano per Solarig, società spagnola nata nel 2005 e arrivata in Italia nel 2008. In realtà non stavo cercando un nuovo lavoro, ma ero consapevole delle difficoltà in studio e sapevo bene l’impegno che questo richiede. Quando mi ha chiamato il responsabile HR di Solarig, l’ho vista come un’opportunità. I primi anni sono stati molto intensi: seguivo la parte legale dalla A alla Z, dalla progettazione alla vendita dei nostri servizi. È stata un’esperienza estremamente formativa per me, poiché ho dovuto occuparmi anche della parte amministrativa e finanziaria, e non solo degli aspetti corporate come succedeva in studio. Ho autorizzato impianti, gestito finanziamenti, venduto e gestito società, acquisendo una visione generale del settore delle energie rinnovabili e degli incentivi statali.
In house è cresciuta professionalmente: è entrata come head of legal Italy di Solarig nel 2008 e nel 2017 sei stata nominata EMEA legal counsel. Ci racconta qualcosa di più?
Il passaggio è stato segnato dalla possibilità di uno spostamento a Londra, dove il mercato era ancora molto attivo rispetto all’Italia, dove nel 2013 erano terminati gli incentivi per le energie rinnovabili e nel 2015 l’attività si era un po’ fermata e si facevano solo contratti di gestione e manutenzione di impianti esistenti. A Londra, invece, c’era la possibilità di sviluppare progetti vivaci. Anche in Spagna l’attività era scarsa, mentre l’Inghilterra era in pieno fermento. Ho accettato subito la proposta e sono stata a Londra per quasi tre anni, diventando legale EMEA (occupandomi di tutti i paesi fuori dalla Spagna). Successivamente, ho trascorso altri due anni a Madrid, dove stava ripartendo il mercato del solare, contribuendo a sviluppare e vendere un super progetto da 100 megawatt. Era l’inizio di una nuova fase per le energie rinnovabili che dalla Spagna si sarebbe poi estesa al resto dell’Europa meridionale. Anche questa volta ho accettato la nuova sfida.
Quali sono le capacità di cui ha bisogno un giurista per occuparsi di più giurisdizioni come nel caso di EMEA?
Ci sono tematiche simili tra paesi nel settore delle energie rinnovabili, così come nella negoziazione ci sono regole comuni a livello globale. Tuttavia, è fondamentale avere il supporto di legali locali per comprendere e navigare al meglio la normativa del luogo. Serve flessibilità e apertura mentale. Ho conosciuto colleghi mentalmente chiusi, incapaci di trovare soluzioni alternative. Bisogna essere in grado di prendere decisioni e assumersi dei rischi. Bisogna fare analisi, valutare i rischi e mitigarli, ma poi prendere una decisione. E personalmente l’ho sempre fatto.
Nel 2019, poi, è arrivata un’ulteriore promozione: da legal counsel è diventata country manager per l’Italia…
Nel 2019 ero ancora a Madrid e stavo completando l’operazione di cui ti parlavo. Arrivò un nuovo CEO che mi propose di tornare ad essere responsabile della filiale italiana come country manager. Non avrei potuto rifiutare: era un’opportunità enorme, anche se mi piaceva lavorare a livello internazionale e non ero certa di essere in grado di occuparmi di gestione delle persone, contabilità e budget. Di fatto ho cambiato lavoro: da legale sono passata a fare strategie non più solo dal punto di vista legale e a gestire un’azienda da tutti i punti di vista. Mi dissero: “Non pensare che chi fa questo lavoro deve sapere tutto, può anche farsi aiutare”. Così ho assunto nuove responsabilità, progetti più grandi e con budget più elevati. Solo a Roma siamo in 60 persone e gestiamo vari settori di business.
Ha smesso di occuparsi di questioni legali?
No, continuo ad occuparmene, anche perché la mia formazione mi porta naturalmente a vedere i dettagli legali anche quando faccio strategie.
La sua personale esperienza è un esempio di evoluzione della figura del giurista d’impresa. Quali sono, dal suo punto di vista, le caratteristiche del legale moderno? Cosa deve fare per crescere professionalmente?
Un legale moderno deve evitare di concentrarsi solo su alcuni aspetti. Anche i legali interni vogliono avere prospettive di crescita, ma per crescere non si può rimanere nella propria zona di comfort o specializzarsi in un unico settore come succede negli studi legali. Bisogna avere una visione generale e flessibilità, oltre a una diversificazione delle competenze. Un legale dovrebbe anche avere una una sensibilità ai temi economico-finanziari, non solo giuridici, per capire le conseguenze di un progetto sulla creazione di valore dell’azienda. Avere una visione finanziaria permette di fare un salto in avanti.