Da general counsel a ceo: è già un trend?
Non ancora secondo Maurizia Villa, managing director per l’Italia di Korn Ferry. «Necessaria un’evoluzione significativa delle competenze»
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Negli ultimi anni, la figura del general counsel sta crescendo fino ad assumere ruoli sempre più strategici all’interno delle grandi imprese. Quello che un tempo era visto come un incarico meramente legale, si è oggi trasformato in una funzione chiave del team dirigenziale, dove il giurista può contribuire non solo alla gestione dei rischi per l’azienda, ma anche alla definizione delle strategie di business. Un’evoluzione che riflette da un lato l’aumentata consapevolezza, da parte dei manager, dei rischi elevati a cui le loro organizzazioni devono far fronte. Dall’altro, la maggior capacità, da parte dei legali in house, di comprendere a fondo il business, maneggiando argomenti e offrendo idee che oltrepassano la pura prospettiva degli oneri del diritto, entrando nei campi della finanza, del digitale, della governance, della sostenibilità, della gestione delle risorse umane.
Tant’è. L’integrazione tra ambito legale e ambito strategico-operativo sta ridefinendo il profilo del giurista d’impresa, trasformandolo da semplice garante del rispetto normativo a partner imprescindibile per la cosiddetta c-suite. Non sorprende: anche l’Association for Corporate Counsel (ACC) conferma che l’80% dei chief legal officer delle principali aziende a livello mondiale riporta direttamente al ceo.
Fa riflettere, piuttosto, che questa evoluzione stia spianando la strada a nuove prospettive di crescita per il giurista d’impresa, che sempre più spesso guarda alla dirigenza aziendale come un obiettivo possibile.
Il general counsel che sa anticipare le sfide, proporre soluzioni operative e dialogare efficacemente con il consiglio d’amministrazione, infatti, può oggi aspirare a tutti gli effetti a ricoprire posizioni apicali e diventare ceo. Qualche esempio? Da novembre 2024 Valentina Mercati è la nuova ceo Italy di Five-e, gruppo di cui dirige la squadra legale dal 2022. Ma ultimamente è successo in Italia a Lorenzo Vitali, general counsel dell’AS Roma dal 2020 e nominato amministratore delegato ad interim del club dopo le dimissioni di Lina Souloukou, finita nell’occhio del ciclone per l’esonero di Daniele De Rossi. Pro tempore anche il ruolo a ceo (o meglio, co-ceo) di Campari per Fabio Di Fede, che del gruppo è anche general counsel e business development officer. A luglio 2024 l’assemblea degli azionisti di Consip, società partecipata al 100% dal Ministero dell’Economia e delle Finanza, ha conferito a Marco Reggiani, ex numero 1 della direzione legale di Snam, l’incarico di amministratore delegato per il triennio 2024/2026. Nel 2023, invece, Marcello Dolores, già group vice president legal & regulatory per l’Italia e la regione iberica di Warner Bros. Discovery Boing, è diventato anche ceo di Boing, la joint-venture tra Mediaset e WarnerMedia, società del gruppo Warner Bros. Discovery. Paola Agrati è passata dal ruolo di group deputy general counsel a quello di amministratrice delegata per l’Italia di ContourGlobal. Ilaria Cicero, ex general counsel di Fiera Milano, è entrata in Ieg Asia in veste di ceo e international legal counsel. Pierfrancesco De Rossi, già general counsel di Siemens per l’Italia e la Grecia, è stato nominato ceo di Siemens Mobility.
È giusto parlare di trend, a questo punto? Non ancora secondo Maurizia Villa (in foto), managing director per l’Italia di Korn Ferry, società di consulenza che opera a livello globale e si occupa anche di selezione di figure executive. Intervenuta ai microfoni di MAG, ha spiegato: «Il general counsel è una funzione fondamentale all’interno della governance aziendale. Non a caso, ad oggi, le figure legali nominate al ruolo di ceo nascono principalmente da esperienze di lungo periodo: sono professionisti che hanno avuto permanenze molto lunghe in azienda e hanno gestito processi importanti e situazioni particolari, specialmente se lavorano in realtà internazionali. Questo significa che passare al ruolo di amministratore delegato fa parte di un processo di conoscenza, ma in un contesto di governance dove l’headquarter è spesso in un altro paese. Nel paese dove ha sede l’headquarter, dove sono presenti gli azionisti, invece, non succede quasi mai. I casi italiani sono infatti principalmente limitati a gruppi multinazionali».
Il passaggio alla posizione di amministratore delegato richiede un’evoluzione significativa delle competenze, secondo Villa, che sottolinea: «Sicuramente i general counsel collaborano con diversi stakeholders in modo formidabile, ma non ritengo che la comunità legale sia pronta in toto a questo salto: il ceo, oggi, deve conglobare una serie di competenze commerciali e strategiche di business, la sua formazione è quindi molto importante, specialmente nelle grandi corporate quotate dove le skill che servono sono tante: conoscenza dei numeri, pianificazione, visione a 360 gradi».
«Siamo in una fase di evoluzione – prosegue Villa – ma perché si parli di trend, i general counsel devono imparare ad aprirsi a una visione più d’insieme dell’azienda, sviluppare una comprensione ancora più profonda del business, prestare più attenzione alla competizione internazionale e non solo locale, e mostrare capacità di leadership non solo nel presidio della posizione ma nel coinvolgimento trasversale delle persone».
Eppure è un fatto che diversi chief legal officer fanno ormai parte del team di direzione esecutiva, riflettendo così il crescente riconoscimento del loro ruolo strategico. Fa specie, a questo proposito, notare come, in un sondaggio condotto ben otto anni fa dalla Borsa di New York, fra le qualità più preziose che un general counsel dovrebbe possedere, i direttori di alcune società statunitensi avessero indicato il buon giudizio e la capacità di problem-solving – tratti tradizionalmente attesi da chi ricopre un ruolo di leadership – mentre l’expertise legale si era classificata solo al terzo posto; un ulteriore promemoria che conoscere le leggi non è affatto sufficiente per essere un general counsel di successo. E non si possono fare generalizzazioni, certo, ma è sicuramente vero che sempre più spesso ci si aspetta che i general counsel esercitino un ruolo di leadership all’interno della loro organizzazione. Villa spiega che dipende dal fatto che, in alcuni settori, questa transizione è più naturale: «In contesti specifici, come per esempio nel mondo dello sport, dove gli asset principali sono i contratti, avere una figura legale che tutela l’azienda è importante. E se l’azionista è internazionale, questo offre a maggior ragione tranquillità».
Ma non è tutto qui. Per Villa, al fine di individuare un vero amministratore delegato, bisogna anche capire che cosa fa realmente: «La differenza fra ceo e general counsel, è che è il primo a guidare davvero la strategia. Il giurista può quindi aspirare a un ruolo di guida aziendale, ma deve saper gestire e implementare una strategia. Da una parte deve essere più focalizzato sulla capacità di […]
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