Cusimano: «Cerco di lasciare il segno»

Antonino “Nino” Cusimano è il prototipo del general counsel moderno e internazionale, il modello 2019. La sua formazione abbraccia due continenti, si è laureato in giurisprudenza in Italia, e poi ha seguito il programma Fulbright negli Stati Uniti. Cusimano ha lavorato in uno studio legale a Londra, poi è stato chiamato a lavorare per un’azienda statunitense in Italia, dopo ancora è passato a un’altra grande società americana prima di “tornare a casa”, per così dire, e lavorare come giurista in una società italiana. Dopo aver aiutato l’azienda, Telecom Italia, ad affrontare diverse sfide legali, si è trasferito in Francia, dove ora lavora come general counsel per un’azienda di alta tecnologia, Nexans SpA, che produce e distribuisce proprio quei cavi che vi consentono di leggere questo articolo.

Cusimano parla inglese con un accento americano e ricorda i bei tempi trascorsi negli Stati Uniti. Mettere in piedi dei sistemi negli uffici legali che non li hanno mai avuti prima è un’attività che lo appassiona. Ed è attivo sui social media, dove condivide le sue opinioni riguardo a temi di economia, politica e cultura. Stringe amicizie sul lavoro e accumula miglia frequent flyer a un ritmo preoccupante. Dal suo ufficio di Parigi (parla anche il francese), il giurista è riuscito a trovare qualche minuto per parlare con MAG. Ecco cosa ci ha detto.

Ha trascorso in house gran parte della sua carriera. Perché? È stata una scelta consapevole oppure è semplicemente capitato così?

È stata una scelta. Ho lavorato per un periodo, circa cinque anni in totale, presso la sede londinese di uno studio legale americano. L’opportunità di passare in house è arrivata quando sono stato chiamato da PPG. Mi sembrava una buona occasione per andare a fare un lavoro pratico, più vicino al cliente, e per avere davvero la possibilità di fare la differenza in un’azienda. Qualcosa di più genuino rispetto a scrivere dei promemoria e a lavorare su transazioni senza avere collegamenti personali con i clienti in house. È molto di più. Quando incontro gli avvocati del libero foro, penso a quanto sia difficile per loro essere esterni. Non mi vedrei in quel ruolo ora. È una cosa completamente diversa.

Ha lavorato in diversi settori industriali durante la sua carriera…

Ho cambiato un certo numero di industries. Tre grandi aziende: PPG, dove sono stato counsel per l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa per oltre 12 anni. Un’azienda straordinaria, con una cultura straordinaria. Con dei prodotti davvero fantastici, e un’ottima tecnologia. Poi sono passato a General Electric, nella divisione oil & gas (a Firenze, ndr). E poi mi è arrivata una di quelle proposte a cui non si può dire di no: la direzione degli affari legali di Telecom Italia. All’epoca era una delle tre aziende più grandi in Italia, il mio Paese d’origine. Sembrava una “chiamata da casa” e una grande opportunità. Ho accettato e sono diventato general counsel e responsabile della segreteria societaria.

Com’è stata l’esperienza in Telecom Italia?

È stato un viaggio fantastico. Ho lavorato lì per 10 anni. Ho seguito alcuni dei progetti più interessanti, oltre che alcuni dei momenti più critici del gruppo. Tutta la gamma di attività che rientra nelle competenze del general counsel moderno, tutto quello che un giurista dovrebbe fare, si faceva in Telecom Italia. Lì ho stretto alcune delle mie migliori amicizie. Nel gruppo seguivo il penale, cosa che diversamente non avrei mai fatto. È stata un’esperienza molto significativa.

Ho dovuto imparare a fare il segretario del cda. Prima di allora non avevo mai lavorato come general counsel di una quotata. Ho dovuto imparare tutto e all’inizio ero spaventato.

Ricordo ancora la mia prima riunione in consiglio. Ero seduto in una stanza con alcuni tra i più famosi uomini d’affari e banchieri italiani. Io ero tra di loro, ed ero un ragazzo, con pochissima esperienza dell’ordinamento giuridico italiano, e all’improvviso, ero segretario del cda. L’intera liturgia di gestire un grande board di una quotata mi era sconosciuta, era un po’ un salto nel buio.

Ho avuto la fortuna di avere un team di persone talentuose in Telecom Italia, alcuni dei migliori avvocati che abbia incontrato nella mia carriera. Mi stanno molto a cuore.

Come va adesso in Nexans?

È un’azienda molto tecnologica e innovativa. Siamo il principale fornitore di tecnologia nel settore dei cavi sottomarini. La società è molto dinamica. Sebbene sia francese, è molto internazionale, abbiamo sedi in tutto il mondo. E anche il mio team è globale. I nostri clienti sono nelle diverse geografie, negli Stati Uniti, in Sud America, Asia, Medio Oriente e Africa.

Da giurista, quali sono le problematiche principali che affronta?

Sono varie e dipende dalle novità principali in azienda in quel preciso momento. È questo ciò che muove il general counsel, è questa la principale differenza tra un direttore affari legali e un partner di un grande studio d’affari. La nostra quotidianità è molto varia. Il lavoro è diverso, i problemi sono diversi. Di recente, ad esempio, abbiamo annunciato un importante processo di ristrutturazione. Adesso è questa la questione che sta al centro della mia attenzione e che occupa la mia agenda.

E certamente il consiglio di amministrazione. Il cda impegna il tempo di ogni general counsel. Anche la compliance è una grande parte del lavoro. In alcune delle regioni del mondo in cui operiamo la compliance è centrale. È un tema a cui siamo molto attenti e che richiede una buona parte del mio tempo.

Cos’altro?

Stiliamo contratti “chiavi in ​​mano”. Si tratta di accordi molto lunghi che richiedono un processo di controlli interni molto rigoroso. È un’attività che richiede molto tempo.

In quanto general counsel, lei è anche responsabile di un team di 45 avvocati…

Negli ultimi due mesi mi sono occupato di mettere in atto i processi per gestire un gruppo di professionisti che possa funzionare come una squadra. Mi fanno paura gli avvocati che lavorano in solitudine. Questo sarà il mio mantra per sempre. Sono fermamente convinto che sia rischioso per un avvocato fare tutto da solo. Ed è compito dei general counsel assicurarsi che ciò non accada.

Non significa che bisogna mettere le persone tutte insieme fisicamente nello stesso luogo, ma far sì che lavorino come una squadra. Quando un giurista si sente isolato, si trova in una località remota, potrebbe trovarsi davanti a un serio problema di compliance o a una debolezza di qualche tipo. Quindi stiamo lavorando alla costruzione dei processi giusti che ci consentono di lavorare come una squadra. Essere in grado di condividere idee e preoccupazioni è fondamentale.

Gli altri giuristi lavorano tutti dalla sede di Parigi oppure anche dalle altre?

Da tutto il mondo. La maggior parte degli avvocati è a Parigi e in Norvegia. La divisione submarine high voltage si trova in Norvegia. Ma ci sono avvocati in Asia, negli Stati Uniti, in Sud America e in tutta Europa.

Lavorate molto con gli studi esterni?

Sì. Stiamo lavorando a un progetto per semplificare le consulenze esterne. Metteremo a punto un sistema di gestione dei fornitori di servizi legali. È qualcosa in cui credo. Ritengo che dare dei feedback agli avvocati con cui collaboriamo e lavorare sulla relazione non solo serva a far sì che tutto funzioni meglio per entrambe le parti, ma anche a ridurre la spesa legale e ad accrescere il valore. Suona un po’ come uno slogan, ma è l’approccio giusto. Osservare quello che viene richiesto agli avvocati esterni. C’è un modo migliore per gestire il lavoro che viene esternalizzato? A volte rivolgersi a una law firm tradizionale non è la risposta giusta. Gli studi sono disposti a occuparsi di qualsiasi richiesta, ma sono davvero il fornitore di servizi più conveniente per quel particolare lavoro? Stiamo considerando la questione da una prospettiva olistica.

Qual è, se non è una domanda sciocca, il numero perfetto di studi legali in un panel?

Non è una domanda sciocca, e in effetti è molto attuale. Ne stiamo discutendo proprio adesso. La premessa è che la nostra è un’azienda snella e molto, molto attenta ai costi. Anche di più di quanto ci si potrebbe aspettare. In passato mi è stato molto utile un panel con una decina di studi legali. In Nexans, vorremmo un panel più snello. Sarà composto da cinque-otto studi.

Può darmi dei nomi?

Non posso, perché un certo numero di studi, più tradizionali, rimarranno, ma…

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Gennaro Di Vittorio

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