Crisi d’impresa, il punto di vista in house

Mentre gli studi legali si sono già messi a lavoro presentando al governo delle proposte di modifica al nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (leggi l’articolo dedicato) le aziende possono avvantaggiarsi del periodo che trascorrerà prima dell’entrata in vigore definitiva del provvedimento per prepararsi alle nuove previsioni. Nella sua attuale formulazione la legge richiede, infatti, uno sforzo organizzativo che richiede alle imprese di giocare d’anticipo.

Del tema MAG ha parlato con un giurista d’impresa con grande esperienza da “ristrutturatore”: Paolo Quaini. L’attuale group general counsel di Alitalia, attualmente impegnato sul dossier per la costituzione della nuova compagnia aerea italiana, ha lavorato al risanamento di Parmalat, il secondo crac al mondo per dimensioni.

Ecco cosa ci ha detto:

Come avete accolto il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza?

Premesso che il nostro auspicio è che, alla data di piena entrata in vigore del Codice, Alitalia sia ampiamente fuori dall’amministrazione straordinaria e possa quindi finalmente dedicarsi solo al presidio e allo sviluppo del business e non più alla gestione di procedure di insolvenza, la riforma è senza dubbio importante e ambiziosa. Il suo obiettivo è quello di consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle aziende e salvaguardare la capacità imprenditoriale di coloro che si trovano a fronteggiare una crisi d’impresa. A livello di enunciazione di principio, il provvedimento mi sembra molto centrato e positivo per le aziende.

E nella pratica?

La riforma funzionerà se nel concreto sarà gestita con un reale orientamento verso la preservazione della continuità dell’azienda. Sarà una buona riforma se non si perderà nei dettagli e non verrà vanificata dalla complessità. Leggendo il provvedimento sorgono alcuni dubbi, c’è il rischio che si metta insieme una macchina talmente complicata che poi le aziende faticherebbero a utilizzare.

A cosa fa riferimento nello specifico?

Per esempio, all’innovativo obbligo per le imprese di dotarsi di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile che permetta di gestire e monitorare l’andamento dell’azienda e prevedere eventuali situazioni di crisi. Il principio è corretto: rilevare tempestivamente i sintomi della crisi permette di intervenire prima che la stessa diventi irreversibile. Questo però ha chiaramente degli impatti in termini di costi e di sostanza. Da un lato si va a gravare ulteriormente sulle strutture aziendali e si crea il rischio di una sovra strutturazione. 

E dall’altro?

La domanda che dall’interno ci si può porre è: considerato che l’azienda ha già al suo interno diversi organi e funzioni, ed è sottoposta a numerosi controlli interni ed esterni, come si raccorderà l’attività di questa nuova squadra con le funzioni e gli organi esistenti? Ad esempio, organismo di vigilanza, risk management, compliance e internal audit, che già si occupano, ognuno per i profili di propria competenza, di prevenzione della crisi, possono essere considerati responsabili anche per le nuove esigenze oppure serve un’ulteriore struttura di cui l’impresa deve dotarsi?

Tanti soggetti e tanti organi chiamati in causa sostanzialmente…

Si, e in più gli obblighi del nuovo Codice si applicano non solo alle società più grandi o quotate, ma anche alle realtà meno strutturate, come le società di persone o le cooperative, per le quali organizzarsi non sarà semplice. Ho l’impressione che questa formulazione sia macchinosa. Penso anche alla disciplina degli istituti dell’allerta e della composizione assistita della crisi, che sono due tra le principali innovazioni introdotte dalla riforma.

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Gennaro Di Vittorio

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