Coronavirus: logistica, cosa si può fare per evitare la crisi

Il coronavirus ha effetto su tutti i settori industriali e dunque anche su quello della logistica. Secondo le stime della Freight Leaders Council (la libera associazione che riunisce aziende leader della filiera della logistica: produttori, caricatori, operatori, trasportatori, gestori di infrastrutture), a causa dello stop delle partenze dalla Cina, la riduzione dei container in arrivo in Italia potrebbe arrivare fino al 20% in porti strategici, come quello di Genova (che ha già perso il 5% del traffico dopo il crollo del Ponte Morandi) o di Salerno.

A sottolinearlo è Federico Pozzi Chiesa, founder di Supernova Hub e ad di Italmondo.

Anche Guido Nicolini, presidente di Confetra, la Confederazione della logistica e dei trasporti, – spiega il professionista – parla di una flessione media del 20% dei volumi. E in particolare chi ha divisioni in Cina si aspetta flessioni intorno al 60-80% in questi primi mesi dell’anno. Il diffondersi del Covid-19 anche nel nostro Paese e le conseguenti misure di contenimento, con il blocco di buona parte delle attività commerciali, hanno sicuramente acuito le pressioni e le preoccupazioni.

Pozzi Chiesa ritiene che per fermare gli effetti del virus sulla logistica italiana le aziende dovrebbero seguire questi consigli:

  1. Trovare altre strade e non essere dipendenti da un solo Paese. Molte delle aziende che si fornivano in Cina, per non rimanere bloccate, hanno cercato nuove realtà produttrici in altri luoghi, rendendosi conto che essere “mono Paese dipendenti” per l’approvvigionamento dei materiali non è strategico. I nuovi fornitori probabilmente verranno mantenuti anche nel medio periodo.
  2. Adottare soluzioni che tutelino i propri dipendenti. Non è solo l’utente finale a dover essere tutelato, ma anche chi lavora ogni giorno nel campo della logistica. Alcuni operatori della grande distribuzione si sono organizzati per garantire comunque il servizio di consegna con metodologie di tutela dei driver. Italmondo, ad esempio, è stata sin da subito attiva nell’elaborazione ed implementazione di tutte le misure atte a ridurre il rischio di contagio (sanificazione quotidiane degli spazi, fornitura di mascherine e gel disinfettante per i propri dipendenti, controllo costante della messa in pratica delle normative igieniche, ecc.). Altre pratiche utili sono l’accettazione di soli pagamenti online per evitare i contanti, e la consegna al piano a porte chiuse.
  3. Innovare, innovare, innovare. Non dobbiamo dimenticarci che il Coronavirus è solo uno dei tanti fattori di rischio che possono impattare sulle supply chain a livello mondiale. Pensiamo alla recente introduzione della Brexit, la guerra commerciale di dazi Usa-Cina, i cambiamenti delle normative, la volatilità della domanda, il cambiamento delle esigenze dei consumatori, tutti gli aspetti di sostenibilità ambientale. Complessità, interconnessione, globalizzazione: le supply chain sono sempre più importanti ma anche fragili nel contesto globale odierno. Quindi, superata la crisi contingente, il nostro settore deve puntare a creare un ecosistema in grado di reagire rapidamente agli eventi esterni, creare catene di distribuzione agili, sviluppare una cultura e una capacità di risk management in grado di identificare, classificare e gestire i principali rischi, basata su analitiche avanzate e pianificazioni di scenario.

Gennaro Di Vittorio

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