Client listening questo sconosciuto
Da una parte i general counsel lamentano sempre più spesso la scarsa propensione all’ascolto dei propri consulenti, dall’altra gli avvocati d’affari sostengono che sarebbero più che felici di sapere cosa passa per la testa ai propri clienti.
Qualcosa non torna.
Alla catena che unisce le intenzioni ai fatti manca un anello. Ed è per questo che tante relazioni professionali entrano in crisi e, nei casi più estremi, si chiudono. Eppure, molto banalmente: per mantenere sani i rapporti basterebbe parlarsi. Comunicare. Guardandola dal punto di vista dei giuristi d’impresa, basterebbe che gli avvocati d’affari chiedessero dei feedback ai clienti, che facessero quello che gli anglofoni chiamano client listening.
Stando a quanto raccontano i GC italiani, però, sono pochissimi gli studi legali che hanno al proprio interno un esperto delle relazioni coi clienti, e sono ancora meno quelli che si affidano a professionalità esterne che se ne occupano per mestiere.
Molti avvocati non si rendono conto che i clienti non sono pienamente soddisfatti dei servizi che ricevono. Altri, più semplicemente, non sono pronti a ricevere brutte notizie, magari anche perché non saprebbero come gestirle. Ma se non si chiede ai clienti cosa si può fare per migliorare il servizio offerto, è difficile riuscire a farlo. Ed è anche più complesso rilevare eventuali problemi interni e risolverli per assicurarsi altri mandati.
Si potrebbe cominciare intervistando periodicamente i 20-30 clienti principali dello studio. Sentirli serve non solo a capire come stanno andando le cose, ma anche a rendersi conto di quale direzione sta prendendo il mercato e quali sono i temi che scaldano il dibattito tra i giuristi d’impresa. Farlo, può risultare anche utile a mappare le mosse dei competitor. Infine, dall’ascolto delle esigenze dei clienti possono sorgere nuove idee di business.