Cinquant’anni di Andaf
Cinquanta candeline per Andaf. Un traguardo importante che l’associazione nazionale dei direttori amministrativi e finanziari ha deciso di festeggiare a Milano, città dalla quale ha preso i natali nell’ormai lontano novembre del 1968, con il XLI Congresso nazionale “Costruiamo oggi il successo di domani – Expect the Unespected”, di cui inhousecommunity.it sarà media partner.
L’appuntamento fisso di quest’anno, programmato per i prossimi 26 e 27 ottobre all’Unicredit Pavillon di Milano, sarà dedicato all’evoluzione e al futuro del mestiere del direttore amministrativo e finanziario. MAG ha incontrato Roberto Mannozzi, presidente di Andaf e direttore centrale amministrazione bilancio e fiscale del gruppo Ferrovie dello Stato Italiane per parlare con lui dei cambiamenti che hanno interessato la professione.
Da 50 anni osservate attentamente il mondo dei direttori amministrativi e finanziari. Quale è stata l’evoluzione della categoria professionale in questi anni?
Gli ultimi 20/25 anni in particolare sono stati anni di cambiamento e discontinuità per tutto il management in generale e quindi anche per i cfo. Siamo passati dalla figura dell’uomo chiuso nel proprio ufficio “a fare i conti”, a quella di “manager dei dati” e di “business partner”.
Cosa intende quando dice manager dei dati?
Chi fa la nostra professione oggi deve essere capace di leggere, esaminare e selezionare una massa enorme di dati, soprattutto i tanti provenienti dall’esterno, e metterli a disposizione di chi fa le scelte strategiche in azienda. Questo significa che bisogna conoscere ed essere in grado di leggere il business in cui operano le nostre aziende, con i riflessi tecnici, manageriali e culturali che ne derivano. In sostanza, i cfo hanno dovuto cambiare il proprio dna per diventare professionisti in grado di produrre informazioni mirate per contribuire alla crescita dell’azienda.
Questo spiega anche il perché siano diventati dei business partner… Nei rapporti verso l’esterno è cambiato qualcosa invece?
Certamente. Per le aziende medio grandi che hanno contatti con il mercato, il cfo tiene i rapporti con gli investitori. In generale, è sempre più a contatto diretto con il mondo finanziario e bancario, con cui deve saper dialogare per presentare l’azienda in modo chiaro e trasparente. Inoltre, i rapporti con gli stakeholder hanno introdotto nel perimetro di azione del cfo le cosiddette “informazioni non finanziarie”, come i temi sociali, ambientali, la diversity, la lotta alla corruzione attiva e passiva e, più in generale, la sostenibilità.
C’è stato un momento, o un evento, in particolare secondo lei, che ha scatenato questa evoluzione professionale? I general counsel ad esempio individuano nel D. Lgs. 231/01 un momento cardine per la loro… Esiste qualcosa di simile per gli amministratori finanziari o è stata solo una trasformazione naturale?
I grandi scandali finanziari dei primi anni Duemila – dagli internazionali Enron e WorldCom, ai nazionali Cirio e Parmalat – e le norme che ne sono derivate successivamente (tra cui la legge 262/2005 che ha inserito la figura del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari) possono essere visti come una frontiera che ha dato un’accelerazione maggiore verso un’evoluzione, in termini di managerialità e visibilità della figura del cfo , che probabilmente sarebbe avvenuta ugualmente. Sono stati anni che hanno inciso profondamente sul funzionamento delle aziende e hanno fatto capire quanto il ruolo del cfo fosse cruciale per la credibilità e l’affidabilità dei dati e delle informazioni riguardanti l’impresa.
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