Chi l’ha visto o delle pari opportunità in Italia
Giovedì 10 maggio, Matteo Renzi ha annunciato che «Maria Elena Boschi assume le deleghe sulle pari opportunità e le azioni internazionali». La nomina è arrivata dopo oltre due anni di vuoto. Dall’inizio del governo Renzi (il 22 febbraio 2014) fino a oggi questa responsabilità non era, infatti, stata delegata a nessuno.
Il motivo? Sconosciuto. Possiamo però ipotizzare che non sia da ricondurre all’ottimo livello raggiunto dall’Italia in questo ambito. Secondo i dati sui differenziali di genere del 2015 del Global gender gap index, il nostro Paese non ha fatto alcun progresso nella partecipazione al mercato del lavoro e nei differenziali salariali.
Per questo motivo è sembrato strano che il governo Renzi abbia deciso di lasciare vuota questa “poltrona” a differenza di quanto avevano fatto i suoi predecessori. In passato, infatti, c’era persino un ministero dedicato alle pari opportunità, mentre durante il governo Letta la delega era stata unita a quella dello sport e delle politiche giovanili.
Affidare l’incarico alla ministra Boschi è un primo passo avanti e un’opportunità per rimettere al centro dell’agenda politica questo tema. Tuttavia, c’è un “però”. Il “però” che si nasconde dietro la scelta di assegnare a una ministra fin troppo occupata – basti pensare all’imminente referendum costituzionale – un tema che avrebbe bisogno di tempo e cura, soprattutto dopo questa vacatio prolungata.
Inoltre, come ha fatto notare Laura Linda Sabbadini (la dirigente dell’Istat recentemente estromessa e pioniera a livello europeo nelle statistiche di genere), ciò che determina il cambiamento nella vita delle donne è la loro partecipazione all’economia. È dal lavoro perciò che bisognerebbe partire visto che da molti anni, come testimoniano le statistiche, l’occupazione femminile non è una priorità del nostro Paese.
Perché affidare quindi la delega a chi di lavoro non si occupa? Forse per rivitalizzare il bellissimo e inapplicato articolo 3 della Costituzione? Quello che dice che “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso (…). È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (…) all’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ai posteri l’ardua sentenza…