Il digitale salverà le microimprese dal default?

Poca liquidità, calo dei consumi e conti in rosso: quattro microimprese su 10, pari a 1,7 milioni di attività, rischiano la chiusura a causa della crisi economica provocata dall’emergenza sanitaria. Questo quanto emerge da uno studio Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese Mestre) secondo cui sono proprio le micro realtà aziendali a essere più in difficoltà.
In particolare, i settori più vulnerabili –  analizza l’indagine – sono stati i bar, i ristoranti, le attività ricettive,  il piccolo commercio, il comparto della cultura e dell’intrattenimento, come spiega anche il coordinatore dell’Ufficio studi dell’associazione mestrina, Paolo Zabeo. Molte difficoltà, poi, si sono riscontrate soprattutto nel settore del mobile, del legno, della carta e della stampa, nonché il tessile, l’abbigliamento e le calzature.
La Cgia ricorda che, in seguito alla precedente crisi, nel 2009  il Pil era sceso del 5,5%, mentre il tasso di disoccupazione nel giro di 2 anni è salito dal 6 al 12%.  Con un Pil che nelle più rosee previsioni quest’anno dovrebbe calare del 10%, quasi il doppio della contrazione registrata nel 2009, il pericolo che il numero dei disoccupati aumenti esponenzialmente è molto alto.

Lo slancio digitale

In questo scenario poco incoraggiante si può trovare però un antidoto: l’innovazione digitale. L’ultima survey di Confartigianato Lombardia sottolinea, infatti, che il 53,1% delle microimprese intervistate ha implementato l’utilizzo di una o più tecnologie digitali tra cui sito web, social network, piattaforme di videoconferenze, formazione on-line e e-commerce.
Licia Redolfi dell’Osservatorio di Confartigianato Lombardia, che ha curato lo studio, parla sul Corriere di un totale di 343 mila microimprese lombarde. Un investimento sul digitale che ha visto una risposta concreta: l’indagine vede infatti in Lombardia un boom dell’e-commerce con +485 milioni di euro tra lockdown e ripartenza.

Gennaro Di Vittorio

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