Cerved: 35mila società a rischio per la transizione ecologica

Sono 35mila le società italiane che potrebbero non reggere l’urto degli investimenti necessari a riconvertire i processi di produzione e uniformarsi agli obiettivi europei di emissioni zero al 2050. La transizione è però, al contempo, anche una grande opportunità, con un potenziale di investimento di 20,6 miliardi di euro per la trasformazione sostenibile dell’industria del nostro Paese.

Lo rivela l’indagine “Il rischio di transizione nel sistema produttivo italiano” condotta da Cerved su 683mila società di capitali, che coprono circa l’80% del fatturato totale delle aziende e 10 milioni di addetti complessivi.

I processi di riconversione richiederanno ingenti investimenti per circa 57mila società (l’8,4% del campione) che danno lavoro a 1,3 milioni di addetti e in cui si concentrano 285 miliardi di euro di debiti finanziari, poco meno del 31% di tutto il sistema delle imprese. Di queste, 35mila (il 5% del campione), stando agli score di rischio creditizio e ai bilanci, non avrebbero i fondamentali necessari per sostenere gli investimenti senza compromettere il proprio equilibrio finanziario.

Nella Tassonomia UE le classi di rischio “molto alto” e “alto” comprendono i settori a maggiori emissioni, che per continuare a operare dovranno intervenire pesantemente e riconvertire la produzione, o ristrutturare gli impianti, come quelli legati all’estrazione, lavorazione e commercializzazione di combustibili fossili (in dismissione), alla produzione di energia elettrica da fonti non rinnovabili, all’industria pesante, alla filiera agricola. Sono in tutto 57.498 aziende (di cui 3.948 mila a rischio “molto alto” e 53.550 a rischio “alto”), pari all’8,4% di quelle censite, impiegano circa 1,3 milioni di dipendenti (il 12,5% del totale) e sono esposte con il sistema creditizio per oltre 285 miliardi, il 30,8% dei debiti finanziari complessivi.

I settori a rischio “medio” comprendono invece la gran parte delle attività manifatturiere che, seppur interessate in misura minore dalle nuove regole, dovranno comunque ridurre l’impatto ambientale attraverso investimenti di adeguamento: circa 130.000 imprese (il 19,1% del campione), con 2,6 milioni di addetti (26,1%) e 231 miliardi di debiti finanziari (25%).

La situazione si presenta fortemente differenziata in base al settore, alla dimensione dell’impresa e al territorio in cui opera: i processi di trasformazione riguarderanno infatti in primo luogo le società più grandi, che impiegano più intensamente il capitale fisico, e il Mezzogiorno, specializzato in settori che richiederanno cambiamenti significativi. La maggiore presenza di imprese a rischio di transizione alto o molto alto si registra nell’agricoltura, con l’89,4% di società che dovranno fare investimenti rilevanti per ridurre le emissioni, seguita dall’energia e dalle utility (61%). Più basse le quote osservate nell’industria (10,3%) e nei servizi (5,3%).

Le analisi indicano che l’incidenza di società a rischio alto e molto alto è pari al 16,5% per le imprese più grandi (con oltre 250 addetti) e scende al diminuire della dimensione media, fino a toccare il 7,2% tra le micro-aziende (meno di 10 addetti). Ancora più alta l’incidenza dei debiti finanziari, che tocca il 37% nella fascia delle grandi imprese, contro quote tra il 16 e il 20% tra le PMI e le micro.

ilaria.iaquinta@lcpublishinggroup.it

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