BDO Global Tax Outlook: Compliance fiscale tra i problemi principali delle aziende
Il clima di incertezza generato dai continui cambiamenti delle normative preoccupa i leader fiscali delle organizzazioni.
È una delle principali evidenze del primo rapporto Global Tax Outlook pubblicato da BDO, tra le principali organizzazioni internazionali di consulenza e revisione aziendale, a seguito di un’indagine condotta su 256 manager che lavorano nel settore fiscale-finanziario in oltre 50 Paesi di EMEA, Americhe e Asia-Pacifico.
Infatti, il 38% dei partecipanti allo studio appartenenti all’area EMEA, che nello studio è stata rappresentata da 137 intervistati provenienti da 26 Paesi (tra i quali figura anche l’Italia), ha dichiarato che l’adattamento e l’aggiornamento rispetto alle normative in ambito fiscale rappresenta la priorità principale, contro il 31% del campione complessivo. Cambiamenti e riforme che il 63% degli intervistati imputano a questioni politiche e ai partiti in carica e, per questo motivo, difficili da prevedere e, di conseguenza, da anticipare.
«L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 ha imposto agli Stati un’importante riflessione sugli strumenti più idonei a prevenire e mitigare la recessione economica e gli strumenti di politica fiscale ancora una volta hanno svolto un ruolo determinante nelle scelte di governo. Unitamente agli effetti benefici di una politica di differimento delle scadenze fiscali, riduzione delle aliquote e riconoscimento di contributi/crediti di imposta, le imprese hanno però dovuto affrontare le sfide di un contesto normativo e interpretativo in continua evoluzione nell’ambito del quale le Autorità Fiscali hanno cercato di conservare – non senza difficoltà – un approccio coerente e di sistema», ha dichiarato Eleonora Briolini, partner Tax di BDO.
Dalla ricerca emerge inoltre che la conoscenza e comprensione delle frequenti riforme fiscali – alcune delle quali legate al mondo della digital economy – e la maggiore pervasività dei contenziosi fiscali (domestici e cross border) costituiscono la sfida dei tax manager, chiamati a contenere i connessi costi di compliance e a seguire gli adeguamenti del modello organizzativo e di business in cui operano al mutato scenario normativo di riferimento. Il 38% degli intervistati, infatti, mette al primo posto delle priorità la compliance alle normative fiscali, anche alla luce della richiesta da parte della autorità di fornire informazioni sempre più dettagliate. Mentre il 57% la inserisce tra le prime tre.
La funzione fiscale comincia a essere vista come un asset strategico da valorizzare che non può più limitarsi a un semplice supporto ma deve diventare un business partner strategico in grado di migliorare i processi decisionali aziendali e incrementare i flussi di cassa. L’approccio generale, tuttavia, resta ancora “passivo”, senza aver colto il reale valore che deriva dalla ri-elaborazione dei dati fiscali e ci si limita ad aggiornarsi senza dedicare budget specifici al potenziamento di questa funzione o alla formazione in materia all’interno delle aziende.
Una spinta al processo di integrazione può arrivare dagli strumenti digitali messi a disposizione della tecnologia che, se applicati in ambito fiscale, possono rappresentare un fattore abilitante per l’evoluzione della funzione fiscale nelle aziende e portare a una gestione più efficace della compliance e fornire valore. Tuttavia, sono poche le organizzazioni che oggi possiedono una strategia fiscale basata sull’utilizzo della tecnologia (16%). Nonostante i vantaggi che ne deriverebbero sul medio e lungo termine, gli investimenti richiesti nell’immediato sembrano scoraggiare le aziende, che guardano anche ad altre alternative meno dispendiose. L’EMEA è risultata la regione più avanzata, con le organizzazioni che investono in tecnologia circa il 5% dell’intero budget della funzione fiscale, sia internalizzando o in out-sourcing: il 46% degli intervistati dichiara di spendere tra lo 0% e il 2% del proprio budget, contro il 44% del campione globale.
La “total tax liability”, ovvero l’ammontare delle imposte dovute dall’azienda in ogni Paese, è un concetto generalmente conosciuto dalle organizzazioni, ma la sua importanza e strategicità non sembra stata essere colta in pieno nelle diverse regioni. In parte per le difficoltà legate alla necessità di adottare una nozione globale unica e uniforme e in parte per la scarsa disponibilità di dati fiscali comparabili e affidabili. Il 62% delle organizzazioni situate in EMEA che ha partecipato allo studio ha dichiarato che il proprio Board possiede una comprensione “moderata” o “elevata” dell’“ammontare globalmente dovuto”. Il 59% è in grado, attualmente, di calcolare il carico impositivo complessivo ma solamente il 23%effettua questo calcolo utilizzando strumenti automatizzati integrati nei processi decisionali.