Avvocato, serve un abbraccio?

I lavoratori più “soli” al mondo? Sono gli avvocati.

A rivelarlo è una ricerca pubblicata sulla Harvard Business Review e condotta su oltre 1600 professionisti operanti in diversi ruoli e settori industriali volta a identificare le professionalità più inclini alla solitudine e a immaginare, per queste, delle misure di sostegno sociale che i datori di lavoro possono mettere in atto.

Diversi studi hanno infatti dimostrato che la solitudine è una minaccia non solo per la salute fisica e il benessere della persona, ma anche per la sua produttività. Chi si sente solo lavora peggio ed è tendenzialmente più incline a guardarsi attorno per cercare una nuova occupazione. Esperti a parte, è in ufficio (o in studio) che si passa la maggior parte del proprio tempo ed è in questi luoghi che, inequivocabilmente, si riversano soddisfazioni e frustrazioni.

Stando ai dati, il 61% dei giuristi intervistati convive con un livello di solitudine quotidiana (misurata scientificamente attraverso una loneliness scale realizzata dall’Università della California) nettamente superiore alla media. Seguono gli ingegneri (57%), i ricercatori (55%) e gli addetti alla preparazione e al servizio degli alimenti (51%).

Secondo l’avvocato statunitense ideatore del sito web Lawyers with Depression Daniel Lukasik, sentito da Washington Post, una delle cause della solitudine degli avvocati è da ricercare nella tecnologia, che ha reso obsoleto il lavoro di ricerca nelle biblioteche, luogo dove si poteva socializzare facilmente. In più, gli avvocati passano troppo tempo a lavorare, e rimangono loro poche energie per socializzare.

Per contrastare la solitudine dei professionisti, la ricerca suggerisce ai datori di lavoro, o comunque ai manager a capo di un team, di cercare il tempo e il modo per trovare dei significati comuni e condivisi, con i propri sottoposti, da dare alle attività lavorative. Comprendere cosa significa il lavoro per gli altri e trovare un collegamento con le cose che lo rendono significativo per sé.

Negli ultimi anni le aziende e gli studi legali stanno prestando sempre più attenzione al benessere dei professionisti, lavorando soprattutto sugli spazi del lavoro, optando per ambienti che facilitano la socializzazione, e sullo smart working, nel tentativo di favorire un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Alcuni lavorano tanto anche sul mentoring per le donne e i professionisti più giovani, per incoraggiarli a perseguire la leadership. Altri sullo sport e le attività di team building.

Ma rimane il rischio che delle iniziative studiate a tavolino entrino nella routine priva di senso. Del resto, qui si parla di sentimenti e sì, gli strumenti possono aiutare, ma alla base ci sono le emozioni. E forse è su quelle che si potrebbe lavorare. Sulla ricerca di una comunione di intenti, di un senso condiviso di realizzazione, e dell’empatia che, del resto, unisce persone che hanno gusti e aspirazioni simili, anche se solo dal punto di vista professionale…

Gennaro Di Vittorio

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