Avvocato cosa vuole fare da grande?

Avvocato sì, ma in azienda o in studio? È una domanda questa che molti di voi si saranno posti almeno una volta nella vita.

Ed è un interrogativo che, a quanto pare, è universale e supera i confini nazionali. A inizio mese, l’agenzia australiana specializzata nel recruitment di avvocati Mahlab ha intervistato alcuni professionisti che hanno deciso da qualche mese di lasciare la private practice e di passare in azienda, per capire cosa li ha spinti a cambiare e se, col senno di poi, pensano di aver fatto una buona scelta.

Lavorare in house, hanno spiegato gli intervistati, dà la possibilità di contribuire attivamente alla direzione strategica complessiva di un’organizzazione e può aprire nuove strade professionali, tra cui quelle commerciali. Tra i pro di lavorare in azienda menzionati da questi legali c’è quello di lavorare più ad ampio spettro, senza doversi occupare solo di tematiche legali specifiche. Alcuni hanno parlato di un maggiore equilibrio vita/lavoro e della ritrovata libertà di lavorare per obiettivi non misurati in billable hours.

Tra i contro invece ci sono i noiosissimi processi di induction, spesso più concentrati sul fornire indicazioni su sistemi e processi, piuttosto che sul dare una più ampia panoramica dell’azienda. Segue la considerazione che, il più delle volte, si è parte di team sottostaffati per cui, oltre ad avere pochi colleghi, si è continuamente sotto pressione e, di frequente, le gerarchie non sono chiare. Inoltre, non aiuta la pressante richiesta, da parte del management, di contenere i costi, un’esigenza che spesso si riflette anche nella formazione delle risorse interne.

Come per ogni cosa ci sono i pro e i contro. Quello che conta, a mio avviso, è abbandonare l’idea che l’erba del vicino è sempre più verde. E focalizzarsi piuttosto sul punto nodale della questione e cioè che – come anche abbiamo sottolineato sulle nostre testate in questi anni – si tratta proprio di due mestieri diversi. Più banalmente, bisognerebbe chiedersi cosa si vuole fare da grandi.

Gennaro Di Vittorio

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