Airbnb, tutte le sfide del Covid-19

di alessio foderi

Sono oltre quattro milioni gli host Airbnb che offrono spazi di qualsiasi genere in quasi ogni parte del mondo. Un’industria, quella del viaggio, fermata di colpo dalla pandemia insieme a tutta la comunità di host e guest. Ogni sfida, però, porta con sé nuove opportunità: così, dopo mesi di profonda crisi, Airbnb ha anche aperto un nuovo capitolo della sua storia aziendale, quotandosi alla borsa di New York lo scorso dicembre. Questo non significa però che le sfide del Covid-19 siano finite: con nuovi trend, abitudini e iniziative, il dipartimento legale è in prima linea nel gestire la nuova normalità. Matteo Frigerio, lead counsel EMEA, ripercorre con MAG quello che è successo nel 2020, e fa il punto guardando agli orizzonti del nuovo anno.

È passato quasi un anno dai primi casi di Covid-19 in Italia. Con l’arrivo della pandemia come sono cambiate le priorità del dipartimento legale?

C’è stato un cambio repentino di priorità: abbiamo cercato innanzitutto di evitare di rincorrere le norme che si susseguivano di giorno in giorno: le abbiamo certamente monitorate con attenzione, attingendo però a diverse fonti di informazione che potessero darci il senso di come si stessero strutturando le politiche internazionali in materia di viaggio, spostamenti e sicurezza sanitaria. Abbiamo quindi pianificato l’evoluzione dei nostri servizi sulla base di tre pilastri fondamentali: tutela dei dipendenti, sicurezza della community e aiuto alle categorie più esposte alla pandemia. Abbiamo strutturato comunicazioni dirette con host e guest, implementato misure di lavoro agile, scritto informative che abbiamo distribuito su vari canali, e ideato programmi specializzati in collaborazione con le autorità e rivolti al personale medico sanitario.

Quindi, in quali ambiti avete lavorato maggiormente? E come avete aggiornato le vostre policy?

In ambito B2C, al fine della tutela della community, abbiamo da subito messo in opera politiche di cancellazione delle prenotazioni dovute all’emergenza sanitaria, facendo leva sul programma di rimborso per “extenuating circumstances” che già era noto ai nostri utenti, in modo da provvedere al rimborso tempestivo dei viaggiatori impossibilitati a muoversi dalle proprie abitazioni. Successivamente, a fronte del protrarsi della crisi, abbiamo messo a punto un fondo di ristoro per gli host, il cui volume di transazioni si era drammaticamente ridotto, a cui hanno contribuito direttamente anche i nostri founder e gli stessi dipendenti. Tutti noi siamo consapevoli che, senza host, non esisterebbe la nostra azienda.

In materia di sicurezza come siete intervenuti?

Abbiamo creato un protocollo di pulizia per gli host, con l’aiuto dell’ex responsabile della salute pubblica statunitense Vivek Murthy, nonché in collaborazione con i principali esperti nel settore dell’ospitalità. L’idea era quella di rassicurare i viaggiatori sulla sussistenza di standard di pulizia in linea con le raccomandazioni delle autorità, e creare un minimo comune denominatore per la messa in sicurezza degli alloggi in tutto il mondo. La sfida è stata quella di non contraddire le regole locali che sono leggermente diverse in tutto il mondo, perseguendo il bene comune.

Come accennava un tema sicuramente caldo sono le cancellazioni. Avete creato uno schema di rimborsi?

Credo che il dipartimento legale di Airbnb, in collaborazione con molte altre funzioni aziendali, abbia dato prova di grande intraprendenza, equilibrio e agilità nel contribuire alla creazione ed alla successiva evoluzione delle politiche di cancellazione sulla piattaforma. Mentre le ‘extenuating circumstances policies’ già presenti nel nostro set di termini e condizioni hanno giustificato l’intervento di Airbnb nel rimborsare i viaggiatori colpiti da norme inattese che limitavano gli spostamenti, successivamente abbiamo cercato di interpretare al meglio il nostro ruolo di piattaforma al fine di non penalizzare eccessivamente domanda o offerta.

Sicuramente una situazione delicata…

Esatto, soprattutto un ruolo delicato, il nostro, nell’ambito di un’emergenza mondiale, con norme fluide e interessi evidentemente contrapposti. Con il protrarsi della crisi, abbiamo infatti dato modo ai viaggiatori di richiedere un coupon per posticipare il proprio soggiorno. Inoltre, a decorrere dal 14 marzo 2020 tutte le prenotazioni sono state ricondotte esclusivamente alle normali politiche di cancellazione impostate dal singolo host, sull’assunto che a quella data – a crisi conclamata – ogni viaggiatore sarebbe stato in grado di valutare i rischi connessi ad un viaggio futuro.

Com’è stato da un punto di vista legale trovare un equilibrio fra le sfide dell’emergenza sanitaria senza perdere di vista le necessità ordinarie?

Dico una banalità nel confermare che tutto il settore Travel è stato duramente colpito dalla crisi: in questo contesto, c’è stato davvero poco spazio per l’ordinario. Il dipartimento legale ha una posizione privilegiata in ambito di crisi, potendo avere visibilità su diverse funzioni ed aiutare alcuni colleghi a capire che alcuni progetti settoriali andavano abbandonati o accantonati in favore di altri strumentali ad uscire dalla crisi o quantomeno a resistervi. Abbiamo rinunciato a tutto quanto non potesse essere definito “core”, accantonato partnership commerciali e campagne ispirazionali che sarebbero risultate inappropriate in tempo di pandemia, e ci siamo concentrati sulla sicurezza dei dipendenti e della community.

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Gennaro Di Vittorio

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