AAA cercasi legale in house disperatamente

Effetto crisi? Perché sempre più aziende, dopo gli anni duri del Covid, puntano sul recruitment esterno

di michela cannovale

QUESTO ARTICOLO COMPARE NELL’ULTIMO NUMERO DI MAG

Nel numero di MAG che ha chiuso il 2022 abbiamo presentato le evidenze principali sullo stato dell’arte del mercato legale in house in Italia. Basandoci sui dati raccolti dall’osservatorio di inhousecommunity.it nel corso degli ultimi 12 mesi, abbiamo scoperto che quello che si è appena concluso è stato un anno vivace e ricco di movimento, in cui i giuristi d’impresa si sono spostati con dinamismo da un’azienda all’altra. Abbiamo contato, per la precisione, ben 78 cambi di poltrona, ovvero il 34% in più rispetto al 2021 e il 39% in più rispetto al 2019, anno appena precedente lo scossone della pandemia.

Meno numerose rispetto ai cambi di poltrona, invece, sono state le nomine del mercato in house, e cioè i cambi di ruolo e le promozioni registrate all’interno della stessa azienda. La nostra redazione ne ha contate nel 2022 solo 32, contro le 43 del 2021.

Il boom di cambi di poltrona e il rafforzamento la funzione legale

Come interpretare tale divario fra i cambi di poltrona e le nomine? Secondo Nicoletta Ravidà, esperta dell’universo legale in house nostrano nonché director Southern Europe presso Taylor Root International, società di consulenza del settore legale, sono diversi i trend da tenere in considerazione per trovare risposta a questa domanda. Innanzitutto, se è vero che il mercato del lavoro legale è stato estremamente dinamico nel 2022 e che lo è stato maggiormente a livello di ruoli più junior, non sono mancati gli spostamenti in posizioni apicali o di maggiore rilievo. «Questo – ha affermato Ravidà, interpellata da MAG – è successo perché stiamo assistendo ad un rafforzamento della funzione legale (soprattutto internamente alle aziende) e all’aumento del quantitativo di lavoro in conseguenza sia della pandemia sia della guerra». In seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, infatti, tante imprese sono state costrette a rinegoziare accordi con i paesi dell’Est o a chiudere negozi. Il conflitto, arrivato subito dopo il Covid-19, ha quindi contribuito a gonfiare ulteriormente il carico di lavoro di molte aziende, con un impatto tutt’altro che irrisorio sul commercio internazionale, sulla regolamentazione e sui contratti. Gli uffici legali interni, con uno staff insufficiente ad affrontare queste dinamiche, si sono quindi ritrovati a dover cercare all’esterno nuove risorse.

È giusto allora dire che la pandemia ha dato nuovo slancio alle assunzioni nel mercato legale? È vero, cioè, che dopo ogni crisi (guerra compresa) aumenta la richiesta di funzioni legali? «Non è così semplice – ha sottolineato Ravidà – e non credo che ci sia una risposta per tutti i settori industriali, soprattutto perché oggi le variabili che possono impattare il mercato delle assunzioni sono diverse. Da quello che abbiamo notato, comunque, gli anni del Covid sono stati caratterizzati prima da un periodo di calma nelle assunzioni, e poi da un’accelerazione che non si vedeva da diversi anni. Certo, se il conflitto con l’Ucraina dovesse espandersi al resto dell’Europa, temo che il mercato delle assunzioni legali (e non solo)rallenterà notevolmente, in quanto si entrerà in uno stato di guerra. Al contrario, qualora lo stato di guerra dovesse rimanere circoscritto solo ad alcuni settori industriali, le imprese potrebbero invece continuare ad assumere giuristi per fare fronte ai rischi legali connessi ad una situazione di conflitto». 

Il calo delle nomine, un fattore sintomatico delle strategie aziendali

Il fatto che il boom di cambi di poltrona sia avvenuto contemporaneamente ad un calo di nomine nelle direzioni legali, per Ravidà è piuttosto legato «ad un fattore sintomatico» che «ad una componente specifica» come la pandemia o la guerra. In parole povere: «Molto spesso, i cambi generazionali o di management richiedono l’inserimento di talenti freschi dall’esterno. Diversamente, non sarebbe possibile apportare nuove idee ed esperienze diverse all’interno del team».

Ragionamento, questo, che poco si discosta da quello offerto a MAG da Giuseppe Marletta, managing director Europe di ACC – Association of Corporate Counsel. «Durante la pandemia, il mondo del lavoro, anche tra i giuristi d’impresa, si è un po’ congelato. Le aziende hanno temporeggiato prima di selezionare personale esterno; abbiamo assistito a pochi cambiamenti e a tante strategie di consolidamento. Queste hanno portato più internal recruiment che selezione di personale esterno. Nell’ultimo anno, invece, le aziende hanno fatto scelte strategiche più coraggiose, in primis la selezione di personale esterno». Ecco perché il numero di cambi di poltrona è esploso rispetto agli anni scorsi, a fronte di una diminuzione delle promozioni interne. «Inoltre, le aziende hanno deciso di puntare sul recruitment esterno soprattutto per cariche con responsabilità più elevate, il che presenta sì dei rischi, ma anche dei vantaggi. Portare in azienda nuove idee, nuove prospettive e, infine, nuovi nomi, infatti, non può che fare bene ad un contesto lavorativo che è stato sedato per un po’. Cercare nuovi leader che possano rendere più efficienti e competitive le realtà aziendali ed i dipartimenti giuridici è sicuramente una grande priorità per molti, soprattutto in un momento geopolitico ed economico che desta grande preoccupazione».

Compliance, una funzione in crescita

Su un ultimo punto vorremmo, infine, porre l’attenzione. Se c’è una caratteristica che accomuna tanto i cambi di poltrona quanto le nomine, questa è sicuramente l’aumento dei ruoli nella compliance. Il fatto che per le aziende sia sempre più importante aderire correttamente alle proprie direttive interne e alle leggi specifiche nazionali e internazionali (parliamo dunque di atti illeciti, comportamenti potenzialmente criminali, corruzione e scandali contabili) dipende, secondo Ravidà, da una naturale reazione “a scoppio ritardato”. Ovvero sia: «Nonostante la normativa sulla compliance esista già da un decennio, ci vuole sempre un po’ di tempo prima che le aziende riescano ad organizzarsi con le nuove esigenze e richieste di mercato. D’altronde, il nostro è un mercato molto regolamentato e la compliance è una normativa presente anche in grosse giurisdizioni come quelle statunitense e britannica (si pensi, a questo proposito, al Sunshine Act e al Foreign Corruption Practices Act, necessari per lavorare con aziende che operano negli USA, così come all’Anti-Bribery Act, fondamentale per chi si interfaccia al Regno Unito, ndr). Per questo motivo, avendo tali normative un raggio di applicazione molto ampio, non sarebbe possibile farne a meno. Di conseguenza, le aziende devono strutturarsi per potere operare serenamente e in conformità ad un mercato internazionale sempre più connesso, anche a livello di controlli e sanzioni».

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michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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