Società tra avvocati, la riforma divide il mercato legale
La stretta sulle società tra avvocati accende il dibattito tra studi, imprese e investitori. Per il CNF è un ritorno ai valori fondanti della professione. Per il mercato, un segnale di chiusura in un sistema che ha bisogno di capitali, governance e visione industriale
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Dopo l’approvazione del Consiglio dei ministri a settembre, la riforma dell’avvocatura entra ora nel vivo: il disegno di legge delega, elaborato dal Consiglio nazionale forense, ha iniziato il 29 ottobre il suo percorso in Commissione Giustizia della Camera.
Il testo affida al governo sei mesi per riscrivere in modo organico le regole della professione, toccando temi come equo compenso, formazione, specializzazioni e riorganizzazione degli ordini. Ma a catalizzare l’attenzione del mercato legale d’affari è soprattutto la parte dedicata alle società tra avvocati (STA): il tentativo di riaffermare l’indipendenza dell’avvocato si scontra con la realtà di un settore sempre più orientato a modelli organizzativi, tecnologici e finanziari complessi.
Per l’indipendenza dell’avvocato
Complessivamente, la riforma punta a “valorizzare l’indipendenza dell’avvocato” come presidio del diritto di difesa. Una visione che tuttavia si innesta in un contesto radicalmente diverso da quello del 2012, anno in cui l’ultima riforma forense ha introdotto le società tra avvocati, consentendo per la prima volta l’ingresso di soci non professionisti e di capitali privati a sostegno di strutture più organizzate e integrate.
Il principio era chiaro: dare alla professione strumenti capaci di coniugare indipendenza e modernità, permettendo agli studi di crescere e di competere su scala più ampia. E il mercato ha risposto con entusiasmo. Banche, assicurazioni e grandi aziende hanno colto l’occasione: UniCredit con UniQlegal, Cerved con La Scala Cerved, ITAS Mutua con ITAS Law Tech (oggi Advais) – per citare alcuni tra i progetti di cui abbiamo raccolto direttamente le voci, in un mercato che vede ormai molte esperienze analoghe.
Tre modelli che, pur diversi per struttura e finalità, hanno incarnato un’unica idea di fondo: quella di portare nel mondo legale logiche imprenditoriali, investimenti e governance moderna, con l’obiettivo di rendere la funzione legale più efficiente, specializzata e sostenibile.
Cosa cambia con la riforma
Il nuovo Ddl segna però un’inversione di rotta netta rispetto al percorso avviato nel 2012. Il testo introduce due regole destinate a cambiare in profondità l’assetto delle società tra avvocati: la prima impone che i professionisti detengano almeno i due terzi del capitale, dei diritti di voto e anche dei diritti agli utili; la seconda vieta a una STA di prestare assistenza a un socio non professionista o a soggetti a lui collegati. Due paletti che, secondo molti, rischiano di sterilizzare il modello di business nato negli ultimi anni, minando alla base l’idea stessa di collaborazione tra competenze diverse e rischiando di scoraggiare gli investimenti nel mercato legale organizzato.
Erlicher (ITAS Mutua): “L’obiettivo non è mai stato solo economico”
Tra i primi a reagire alla chiamata di MAG c’è Michele Erlicher, responsabile della divisione legale e societario di ITAS Mutua, socio di capitale della STA ITAS Law Tech – oggi Advais. «La riforma – spiega – guarda più al passato che al futuro. Nonostante venga presentata come un passo verso una professione più pura, nei fatti rischia di rendere lettera morta la possibilità di costituire nuove società tra avvocati. Faccio fatica a immaginare un soggetto totalmente disinteressato che decida di investire in una struttura dove la partecipazione agli utili è così limitata: non lo vedo un modello attrattivo per chi affida il proprio capitale sperando in un ritorno, anche minimo».
Erlicher sottolinea che, per ITAS, l’obiettivo dell’ingresso in Advais non è mai stato solo economico: «La partecipazione agli utili non è stata il motivo principale. Il vero valore era la possibilità di avere un interlocutore legale primario, specializzato nei servizi che servono a noi e capace di crescere insieme ai nostri avvocati interni. Con Advais abbiamo potuto contare su un partner che conosce la nostra realtà e garantisce tempestività e qualità. Inoltre, partecipiamo alla governance: nominiamo il presidente del cda e quello del collegio sindacale, abbiamo un diritto rafforzato agli utili e, soprattutto, un controllo effettivo sul modello di gestione».
Il nodo, per Erlicher, è anche giuridico: «Bisognerà capire se la riforma avrà effetto retroattivo e se travolgerà anche le società già costituite. Se verranno salvaguardate le situazioni esistenti, come auspichiamo, continueremo volentieri a lavorare in questo modello. ITAS Law Tech è nata come start-up: nei primi anni non ha distribuito utili, chiudendo in pareggio. Oggi, come Advais, sta finalmente maturando dividendi. Bloccare tutto ora sarebbe un passo indietro non solo economico, ma culturale».

Girardi (Advais): “Una riforma ipocrita”
Ancora più diretto è Andrea Girardi, ceo di Advais: «È una riforma che guarda al futuro dallo specchietto retrovisore. È ipocrita dire che vietare i mandati ai soci non professionisti tuteli l’indipendenza. Se un’associazione professionale fattura il 70% con un solo cliente, è forse più indipendente? Ovviamente no. L’indipendenza è una questione di etica individuale, non di assetto societario».
Girardi ricorda che le STA erano state introdotte con la legge sulla concorrenza dopo che l’Unione europea aveva sanzionato l’Italia per le restrizioni all’esercizio in forma collettiva: «Il legislatore sembra essersene dimenticato. Invece che valorizzare un modello virtuoso, lo colpisce, guardando sempre alle patologie e mai ai risultati. Per noi i mandati sono lavoro, non conflitto d’interesse. L’idea che l’avvocato perda indipendenza solo perché lavora con un socio finanziario è un falso problema».
Secondo Girardi, la norma rischia di penalizzare soprattutto i giovani professionisti: «Le STA potevano rappresentare una palestra di crescita per le nuove generazioni, offrendo formazione, welfare, stabilità. Invece, si torna a un modello frammentato e individuale, dove i giovani restano ai margini. Noi abbiamo cambiato nome, da ITAS Law Tech a Advais, per aprirci al mercato e diversificare: il rebranding è stato una scelta strategica, ma se le nuove regole entreranno in vigore dovremo capire come adattarci».
«Prevedere la figura del socio finanziatore o tecnologico, come fa la riforma, rappresenta una scelta ancor più rischiosa per la salvaguardia dell’indipendenza dell’avvocato. Le logiche di chi investe capitali, soprattutto nel venture capital, sono inevitabilmente orientate al ritorno economico: molto più invasive, paradossalmente, di quelle di chi affida mandati o incarichi professionali», chiosa Girardi.

Pesenti (La Scala Cerved): “In gioco c’è molto più di un principio”
Sul fronte degli studi, Marco Pesenti, amministratore delegato di La Scala Cerved, usa toni altrettanto netti: «La riforma non dice cosa succederà alle STA già esistenti, ma il rischio è evidente: si bloccherebbero investimenti consistenti, anche di soggetti stranieri, fatti su modelli di business nati da meno di dieci anni e non ancora maturi. Disfare una società non significa solo chiudere una partita di capitale: significa interrompere il lavoro di decine se non centinaia di persone, tra avvocati, staff, tecnici, data analyst, figure che difficilmente si ricollocano sul mercato».
Per Pesenti, il principio dell’indipendenza non è in discussione, ma va letto in chiave moderna: «È più autonomo un avvocato che lavora in una STA trasparente, con codice etico, welfare, formazione, bilancio certificato, o chi vive di una sola parcella mensile dipendendo da uno o due clienti? L’avvocatura debole non è quella organizzata, ma quella frammentata. E questa riforma rischia di rendere la categoria ancora più fragile».
L’ad di La Scala Cerved sottolinea anche l’aspetto sistemico: «Non possiamo pensare che piccolo sia bello. Nel mercato legale globale, piccolo significa poco competitivo. Le STA sono nate per dotare la professione di infrastrutture aziendali moderne: tecnologia, processi, tutele. Tornare indietro significa rinunciare alla modernità e lasciare indietro i giovani, che sono quelli che più beneficiano di strutture solide e inclusive».
Pesenti lancia anche un messaggio al mondo associativo: «Serve un confronto vero, un tavolo che includa anche gli investitori e le imprese: il mercato non può essere escluso dal dibattito sull’avvocatura del futuro».

Vagnarelli (Cerved): “Un’occasione mancata”
Dal punto di vista aziendale, Daniele Vagnarelli, capo del dipartimento legale di Cerved, considera la riforma un’occasione persa: «Le STA potevano essere lo strumento per rompere quel soffitto di cristallo che separa il mondo legale d’impresa da quello del libero foro».
Secondo il giurista, l’evoluzione naturale della professione passa proprio da forme ibride di esercizio: «Il fatto che un’azienda come la nostra, che opera in un settore complesso e altamente specializzato, debba rivolgersi a un esterno per costituirsi in giudizio, quando internamente possiede già tutte le competenze tecniche necessarie, è un retaggio normativo. Le STA avrebbero potuto colmare questo vuoto, creando un continuum virtuoso tra consulenza e contenzioso».

Izzo (Unicredit): “Una scelta lungimirante”
Rita Izzo, general counsel di Unicredit, ricorda invece che la banca è stata socio di capitale di UniQlegal, società tra avvocati fondata nel 2020 insieme agli studi Nctm e La Scala. «Ma nel marzo di quest’anno – spiega – abbiamo formalizzato lo scioglimento da UniQlegal. Alla luce della riforma, posso dire che si è trattato di una decisione lungimirante, considerati i limiti che il nuovo testo prefigura per i soci non professionisti».
La joint venture, tuttavia, non è scomparsa del tutto: la collaborazione tra gli studi Nctm e La Scala prosegue oggi sotto il marchio LegalMind, che si propone come start-up professionale focalizzata sui servizi legali per banche e istituzioni finanziarie. Un segnale, anche questo, di quanto il mercato sia in continua trasformazione.

Indipendenza o innovazione?
Per quanto la riforma, almeno nelle intenzioni, punti a riportare l’avvocato al centro sottraendolo alla logica d’impresa, per molti sembra in realtà disconoscere l’evoluzione di un mercato che, negli ultimi anni, ha trovato proprio nelle STA una leva di innovazione e di competitività. In altre parole: il tentativo di tutelare l’avvocato paventato dal CNF rischia […]
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