Finalmente lei. Memorie di un trombone
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All’inizio ho pensato a uno sbaglio. Una distrazione, un attimo di confusione tra me e qualche mio parente più giovane, più lucido, meno… vissuto. E invece no: quella ragazza sta guardando proprio me. Con quegli occhi svegli e curiosi e una specie di sorriso, come se stesse per mettersi nei guai e non vedesse l’ora.
Non è come gli altri. Niente frac troppo stretto, niente battute da veterano sul primo oboe, niente aneddoti da “vecchio leone” sui bei tempi andati e frasette sui direttori che “non capiscono il Mahler vero”. E non direi neanche che ha quel fare di chi si sente parte di una stirpe sacra di ottoni barbuti e infallibili. È nuova. Diversa. E, soprattutto, è una lei.
Io – e perdonate la mancanza di umiltà – sono un tipo importante. Curvo, dorato, con una certa patina che non è sporco: è esperienza. Ho fatto tournée con orchestre sinfoniche, audizioni che sembravano duelli all’ultimo respiro, concorsi con giurie in giacca e cravatta. Ho suonato in teatri storici, in chiese gelide con accordi da brivido (in senso buono, eh!). Una volta anche all’aperto con l’archetto del primo violino, ma non chiedetemi di raccontare. Insomma, una carriera onesta. Da orchestra, mica da jam session.
Sempre nelle stesse mani, però. Uomini. Generazioni di maschi che mi soffiavano dentro come se stessero gonfiando un gommone. Tutti convinti di sapere cosa farne… di me. Gente che mi lucidava solo davanti, per far bella figura davanti al pubblico, e poi via, nel fodero.
E poi… arriva lei. Mi solleva con delicatezza, ma senza esitazioni. Mi studia, mi gira tra le mani come si fa con una cosa nuova che vuoi capire, non solo usare. E improvvisamente – senza cerimonie, senza riscaldamenti eterni – soffia. Non male, penso. Un po’ incerta, sì, ma con idee. Con gusto. Con un soffio che non vuole dimostrare nulla, solo vedere che succede.
E che succede? Succede che dopo anni passati a sostenere corali wagneriane come un mulo, sento qualcosa di diverso. Non è rivoluzione, eh. Non ci sono fuochi d’artificio. Però c’è curiosità – e la curiosità, caro mio, è merce rara.
Ora ogni prova è una scoperta. Lei cambia registro, cambia epoca, cambia umore. Un giorno Brahms, un giorno Stravinskij, un giorno mi suona il solo del Boléro in pantofole. E sai cosa? Mi piace. Alla mia età, pensavo di aver già detto tutto. Invece, tocca ricredermi. E ti dirò: se questo è l’inizio della mia seconda vita… beh, stavolta me la voglio godere.
** Questo racconto è un gioco, che parte però da un fatto reale: il trombone – protagonista e narratore della sua “prima volta” con una donna – è spesso considerato uno strumento da uomini. L’ho scoperto parlando con Ginevra Costantini Negri, pianista, presidente dell’associazione Classical Rights e direttrice artistica del festival Il Diritto di Suonare, che promuove le pari opportunità nella musica classica. La nostra conversazione la trovate in questa nuova puntata di Diverso sarà lei. Buon ascolto!