General counsel italiani tra AI, talenti e compliance: la sfida è strategica

Dallo studio EY Law General Counsel 2025 emerge un quadro complesso per i dipartimenti legali italiani, chiamati a fare i conti con tecnologie emergenti, scarsità di risorse, urgenza di trattenere i talenti e una compliance normativa sempre più stringente

di michela cannovale

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C’è un filo rosso che attraversa il mondo dei dipartimenti legali in Italia: la richiesta di fare sempre di più, spesso con meno risorse, mentre il contesto normativo e tecnologico si complica senza sosta. È quanto emerge dall’EY Law General Counsel Study 2025, che fotografa lo stato dell’arte e le priorità di 60 general counsel e chief legal officers italiani.

Regulatory compliance (68%), abilitazione del business tramite l’intelligenza artificiale generativa (65%), retention e sviluppo dei talenti (55%) e riduzione dei costi (47%) sono i quattro pilastri su cui si sta giocando il futuro dei legali d’impresa. E se il dato sulla compliance non sorprende, colpisce invece il ruolo sempre più strategico assegnato alla tecnologia, in particolare all’AI generativa.

«L’intelligenza artificiale generativa permetterà ai professionisti legali di essere più efficienti, creando maggior valore per l’organizzazione», osserva Daniele Caneva, law leader e responsabile del dipartimento IP di EY Studio Legale Tributario, che ha curato la survey. «Molti dipartimenti legali hanno in programma di utilizzare la GenAI per diversi casi d’uso, il che rivela ottimismo riguardo al potenziale valore che l’AI potrebbe offrire. Attualmente, gli utilizzi principali riguardano la redazione di documenti legali (38%), il knowledge management (35%) e la regulatory compliance (32%). Nel prossimo futuro, sarà importante sviluppare piani per integrare le nuove tecnologie nel modo corretto, prevenendo potenziali rischi relativi alla privacy dei dati, alla sicurezza, alla proprietà intellettuale e all’etica».

Tuttavia, il grande entusiasmo nei confronti della tecnologia si scontra con la realtà quotidiana dei budget limitati e con un approccio ancora in larga parte sperimentale: il 62% dei dipartimenti legali italiani è infatti ancora nella fase di ideazione o test dell’AI generativa, e solo il 25% la considera una priorità assoluta.

Secondo Caneva, una parte dello scetticismo deriva da vincoli economici e culturali. «Quello che emerge dalla survey – spiega ai microfoni di MAG – è che, sebbene l’intelligenza artificiale sia percepita come un potenziale elemento di trasformazione per l’organizzazione dei dipartimenti legali interni, solo un quarto dei general counsel la ritiene una priorità. Un motivo di questo scetticismo è il budget, ma anche il fatto che l’introduzione di AI richiede un cambiamento culturale e organizzativo profondo, che non tutti sono pronti ad affrontare».

Daniele Caneva

La strategia (mancante) e le tensioni geopolitiche

Un’altra evidenza significativa della survey riguarda la pianificazione strategica. Benché il 72% dei dipartimenti legali italiani conduca una pianificazione annuale, solo un terzo ha una strategia formalizzata e documentata, mentre appena il 18% ha raccolto feedback dagli stakeholder o esaminato benchmark di mercato nell’ultimo anno.

Il dato sorprende anche Caneva: «Mi ha colpito molto osservare come i general counsel, pur mantenendo una visione strategica molto avanzata e un dialogo costante con il top management, si trovino oggi ad affrontare sfide complesse. La gestione di normative sempre più articolate, come quelle legate a sostenibilità e compliance, insieme ai vincoli di budget e all’instabilità geopolitica, rende il loro ruolo ancora più cruciale ma anche più impegnativo. Questi fattori possono limitare la possibilità di pianificare a lungo termine e richiedono una continua capacità di adattamento».

La via d’uscita, secondo l’avvocato, sta nell’investire su strumenti tecnologici in grado di supportare analisi e reportistiche veloci, perché «i general counsel stanno affrontando la sfida di rendere più efficiente un ruolo molto impegnativo, anche attraverso l’adozione di tecnologie e un’evoluzione del mindset orientata all’analisi strategica».

Costi in aumento, ma sempre sotto controllo

Curioso paradosso, quello che emerge dal report: l’88% dei dipartimenti legali prevede un aumento di budget nei prossimi 12 mesi, e per oltre metà di questi l’incremento sarà superiore al 10%. Eppure, la riduzione dei costi resta una priorità per l’80% dei general counsel.

Per controllare i costi, i dipartimenti legali si affidano a strumenti consolidati: budgeting (70%), knowledge management (67%) e outsourcing (63%). Tuttavia, solo il 12% ha aggiornato la propria strategia di sourcing nell’ultimo anno, contro il 21% a livello globale.

La resistenza al cambiamento è ancora forte, e Caneva ne individua le radici: «Effettivamente c’è in generale una resistenza dei giuristi d’impresa al cambiamento perché l’attività legale è fiduciaria e richiede una profonda conoscenza dell’attività aziendale. Tuttavia, negli ultimi anni un cambiamento di rotta si vede: i general counsel si stanno affacciando al mondo legale delle Big Four in maniera sempre più consolidata perché probabilmente l’attività legale di questi gruppi è maggiormente integrata con funzioni tech e di business. Dall’altra parte, la resistenza è dovuta sia alla ritrosia al cambiamento, sia ai vincoli di budget, perché i cambiamenti comportano inevitabilmente un investimento iniziale».

Compliance, la regina delle preoccupazioni

Al vertice delle preoccupazioni dei legal department italiani resta la compliance normativa. Il 60% segnala difficoltà nel monitorare i continui cambiamenti normativi, mentre solo la metà pensa di affrontare questa sfida con nuove tecnologie e processi.

Per Caneva, la questione è cruciale: «L’impatto normativo di compliance e sostenibilità è la maggior preoccupazione per i general counsel. È chiaro che il contesto attuale richiede un’evoluzione significativa, sia dal punto di vista degli strumenti sia della governance. È un tema di risorse ma anche culturale».

Non stupisce, quindi, che le aree dove i dipartimenti legali stanno concentrando più investimenti siano la cybersecurity e le tecnologie di risk management, indicate dal 65% degli intervistati.

La sfida del talento

Infine, uno dei punti dolenti messi in luce dallo studio EY riguarda la retention dei talenti. Il 55% dei general counsel italiani la indica come una priorità alta, e il 63% ha già in cantiere iniziative per migliorare l’esperienza lavorativa. Eppure, il turnover resta alto.

«Questo è uno dei temi principali – riflette Caneva – e riguarda sia il mondo aziendale sia la libera professione. Negli ultimi anni gli uffici legali interni hanno compiuto un’evoluzione significativa, diventando veri e propri studi legali integrati nel cuore dell’azienda. Tuttavia, permane in alcuni contesti una percezione meno attrattiva del percorso in-house, spesso legata a fattori culturali o a una conoscenza parziale delle reali opportunità offerte. È importante continuare a valorizzare la varietà e la complessità delle attività svolte internamente, anche attraverso politiche di carriera più flessibili e orientate alla crescita. In un contesto in cui l’efficienza economica resta una priorità, è fondamentale comunicare con chiarezza il valore strategico che i team legali aziendali apportano, anche per attrarre nuovi talenti».

Il futuro, dunque, è nelle mani di una generazione di legali in house che dovrà saper coniugare competenze giuridiche, visione strategica, tecnologia e capacità di adattamento. Come ricorda Caneva: «Un giovane legale che entra oggi in azienda deve essere proattivo, curioso di tutto ciò che avviene nel dipartimento legale, che oggi si occupa di tantissime cose in via diretta. Non deve focalizzarsi su un’unica attività ma avere un occhio aperto su tutto».

Ed è questa, forse, la vera partita che […]

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michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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