Una giurista alle prese con il terzo settore
Dal 2023 Silvia Carteny è chief governance officer di Fondazione Airc. In questa intervista ci racconta i dettagli del passaggio al non profit
di michela cannovale
Dopo 30 anni di esperienza in house nel settore profit, nel 2023 Silvia Carteny (in foto) è approdata in Fondazione Airc per la ricerca sul cancro ETS, associazione del terzo settore che si occupa di raccogliere fondi e finanziare progetti di ricerca e borse di studio in università, ospedali e istituti scientifici; di informare il pubblico sui progressi a livello scientifico e di sensibilizzare sull’importanza della prevenzione.
In Airc, l’avvocata ricopre il ruolo di chief governance officer ed è quindi responsabile di tutte le aree giuridiche – dalla compliance, alle relazioni con gli organi istituzionali, dalla contrattualistica commerciale, alla proprietà intellettuale, alla gestione di lasciti e successioni. Ma è anche impegnata a gestire le nuove sfide con cui il terzo settore si sta confrontando a partire dall’approvazione del Codice del Terzo Settore (CTS) nel 2017 e dei Decreti Ministeriali adottati fino al 2022. Questi regolamenti, infatti, impongono alle organizzazioni regole di governance complesse, la cui interpretazione richiede nuove e articolate competenze sia professionali sia manageriali.
La redazione di Inhousecommunity si è messa in contatto con lei per capire meglio cosa significa lavorare come giurista all’interno del terzo settore. Ecco che cosa ci ha raccontato.
È la sua prima esperienza nel settore non profit… Cosa l’ha portata a lasciare il profit?
Ho deciso di spostarmi in Airc con l’ambizione di portare qui le conoscenze tecniche e manageriali apprese fino ad oggi. Nel corso della mia carriera, dall’ingresso in Unilever nel 1993, ho avuto l’occasione di guidare gli affari legali, societari e compliance di realtà come Galbani, Lactalis Italia, e più recentemente di Versace e Roberto Cavalli. Ho avuto interessanti opportunità di apprendimento in campo professionale e oggi desidero mettere a disposizione del terzo settore il mio contributo tecnico e manageriale, restituendo al terzo settore quanto imparato nel mio percorso professionale.
Sono pochi gli avvocati specializzati nel terzo settore. Come mai secondo lei?
Partiamo dalla considerazione che nel terzo settore la gestione dei costi è uno dei kpi principali. Per intenderci: l’indice di efficienza nella raccolta fondi esprime la quota di spesa per la raccolta per ogni euro ricevuto. Ad esempio, in Fondazione Airc, per ciascun euro ricevuto nel 2023, solo 15 centesimi sono stati utilizzati per la realizzazione delle diverse iniziative di raccolta fondi. Questo è anche il motivo per cui nel terzo settore vengono offerte remunerazioni inferiori rispetto al profit (sia per l’assistenza interna sia per la consulenza esterna), il che, probabilmente, rende meno attrattiva questa specializzazione. Chi sceglie di lavorare per il terzo settore è animato anche da altre motivazioni.
Su cosa puntate, allora, per attrarre nuovi talenti per la vostra squadra legale?
Non è semplice, così come non è semplice neanche nel profit. Sentiamo forte la responsabilità di utilizzare al meglio le donazioni dei nostri sostenitori e per questo siamo molto attenti a due fattori principali: il primo è la conoscenza (conoscere il settore e le sue problematiche è molto interessante e richiede competenze del diritto non usuali), e il secondo è la fidelizzazione (con i nostri consulenti sottoscriviamo accordi quadro che consentono di costruire delle partnership che consentono ai professionisti di approfondire le varie tematiche con un taglio operativo.
Per quanto riguarda le tariffe della consulenza esterna, invece, ho capito bene? Sono più basse rispetto a quelle del profit?
Di fatto non c’è una regolamentazione che riguarda la fatturazione dei consulenti esterni del no profit, ma gli avvocati esterni che assistono la fondazione dimostrano una particolare attenzione nella fatturazione delle loro prestazioni, quando non sono pro-bono.
Qual è stato l’impatto del CTS su organizzazioni come Airc?
Il CTS, nato con la riforma del terzo settore, si proponeva di semplificare quel complesso di leggi speciali che si erano stratificate nel tempo, nate in tempi e contesti diversi. Un passo importante e necessario, eppure mi lasci dire che il sistema del terzo settore è totalmente cambiato rispetto alle prime organizzazioni nate all’inizio del ‘900, fondate su associazionismo e volontariato, la cui gestione era meno complessa rispetto al contesto in cui questi enti operano oggi. L’introduzione del CTS sta cambiando l’organizzazione del lavoro degli enti, imponendo l’applicazione di norme cogenti e l’adozione di sistemi di controllo interno idonei al monitoraggio della compliance del funzionamento dei modelli organizzativi.
Qual è stato il risultato per chi, come lei, lavora dentro questi enti?
A mio avviso, se con il CTS è stata fatta chiarezza dal punto di vista di governance (si pensi alla forma giuridica e alle norme statutarie, alla finalità e individuazione di specifiche attività) e tributario (si pensi al regime fiscale agevolato per le attività di utilità sociale o alla possibilità di partecipare a finanziamenti italiani ed europei destinati al terzo settore), dal punto di vista civilistico ci sono temi che riguardano l’operatività degli enti che ancora necessitano un approfondimento. Fra tutti: il tema della proprietà intellettuale relativo all’output generato dall’intelligenza artificiale e la gestione del rischio di plagio, tema rilevante per la produzione dei contenuti di divulgazione scientifica e redazione dei progetti di ricerca. Ma anche l’ambito della responsabilità del volontario e l’inquadramento contrattuale con cui regolare il rapporto con l’ente.
Soffermiamoci su quest’ultimo punto. Ci dica di più.
Il volontariato resta un asset fondamentale per garantire l’efficienza dei processi e l’operatività degli enti. La sfida sta nel riuscire ad integrare le competenze messe spontaneamente a disposizione dai volontari nel modello organizzativo che l’ente si è dato che, come nelle aziende profit, richiede il reclutamento di personale dipendente sempre più qualificato per ricoprire mansioni manageriali. Ad esempio, in Fondazione Airc ci avvaliamo anche di volontari di competenza, una forma di solidarietà che sta crescendo nel mondo delle aziende che, nell’ambito dei propri piani di welfare aziendale, danno la possibilità ai propri dipendenti di mettere a disposizione parte del loro tempo lavorativo a servizio della comunità.
Ve avvalete di volontari anche per il team dell’ufficio legale?
Certamente. Nell’area giuridica di Airc (che presidia la governance, gli affari legali, la gestione delle successioni e la compliance/controllo interno) abbiamo integrato dei validissimi contributori sia nell’area della gestione dei lasciti testamentari sia nell’area della compliance. Abbiamo quindi una squadra mista composta da 9 collaboratori e 3 volontari di competenza. Anzi, colgo l’occasione per dire , a chi fosse interessato, che siamo pronti ad accogliere volontari di competenza anche nell’area affari legali.

Il team legale di AIRC
Di cosa si occupa il vostro dipartimento legale?
Nell’ambito della governance di Fondazione Airc, ci focalizziamo in particolar modo sulla salvaguardia della reputazione, sul database dei fornitori, sulla protezione e sull’uso del marchio. Questi valori, che sono gli obiettivi di tutta l’area legale, richiedono dal punto di vista giuridico l’implementazione di un modello di governance idoneo a presidiare tutti i processi all’interno dell’organizzazione, per prevenire e minimizzare i rischi che possono derivare dalle decisioni gestionali. In quest’ottica, le attività svolte dai legali interni si concentrano su: redazione di contratti, assistenza consulenziale, implementazione di un adeguato modello di protezione della privacy, gestione dei lasciti testamentari, adozione del Modello Organizzativo 231 e monitoraggio continuo del rispetto della compliance.
Un metodo ispirato alla cultura del rischio, quindi…
Sì. E il risultato dell’adozione di un metodo questo tipo, correlato ad un efficace sistema di controllo interno, unitamente all’erogazione di momenti di formazione dedicata alle aree operative su temi rilevanti per il perseguimento della missione, consente una corretta gestione delle responsabilità del management , oltre che la protezione della reputazione di Airc costruita in sessant’anni di storia. La fiducia che i sostenitori ripongono nella Fondazione è senza dubbio un patrimonio che dobbiamo proteggere.
Si tratta, nei fatti, di un lavoro diverso rispetto a quello svolto dai legali occupati nel profit?
Per quanto il non profit abbia fini diversi rispetto al profit, ritengo che il legale interno di un ente del terzo settore debba avere lo stesso approccio dei suoi colleghi di organizzazioni operanti in qualunque altro settore. I processi e i rischi che sottendono al raggiungimento dello scopo a cui l’organizzazione tende, infatti, sono i medesimi. Piuttosto, è necessario un salto culturale da parte dei giuristi del terzo settore, a partire dalla loro definizione nel mondo della comunità legale: sembra non appropriato usare la specificazione “giurista d’impresa”, ma nella realtà svolgono lo stesso lavoro.