La scelta del consulente esterno? Nel 93% dei casi avviene sulla fiducia

L’ultima edizione della LMC survey di Deloitte Legal evidenzia che, tra i compiti svolti giurista d’impresa, viene riconosciuta poca importanza alla riduzione del costo dei legali esterni. Ma le attività “core” vengono gestite all’interno

di michela cannovale

QUESTO ARTICOLO COMPARE NELL’ULTIMO NUMERO DI MAG. SCARICALO A QUESTO LINK

Più con meno: più che un mantra, un imperativo per le direzioni legali in house, che sempre più spesso – visto il complesso contesto normativo e il rapido cambiamento tecnologico con cui si interfacciano – sono sollecitate a fare di più, ma con meno risorse a disposizione a livello tempistico e di budget. Le attività cui si dedica il giurista d’impresa spaziano fra temi molteplici. Secondo i risultati della Legal Management Consulting (LMC) Survey 2024, indagine di Deloitte Legal condotta annualmente su un campione di aziende italiane e giunta quest’anno alla sua quarta edizione, la funzione più importante, nel 94% dei casi, è quella legata alla prevenzione e gestione dei rischi legali. Al secondo posto, dichiarato dall’83% degli intervistati, ritroviamo l’advice al top management. Per il 67% delle risposte, inoltre, la gestione di questioni legali che riguardano nello specifico la società è ancora molto presente sul tavolo dei legali in house. Tra queste compaiono, in particolare, la contrattualistica (89%), il diritto commerciale e societario (75%) e la compliance (74%), che risultano non a caso le attività più spesso internalizzate, “a riprova del fatto – si legge nella survey – che i servizi percepiti come più importanti sono preferibilmente gestiti internamente dai legali in house”.

Tra i compiti svolti dal dipartimento legale, poca importanza viene invece riconosciuta alla riduzione del costo dei legali esterni (definita come “molto importante” solo dal 30% degli intervistati). Insomma, l’assistenza esterna continua a rimanere fondamentale nonostante rappresenti, per gli uffici in house, la voce di spesa maggiore. Il che non sorprende, visto che, come ha sottolineato a MAG Alessandro Del Bono (in foto a sinistra), head of LMC di Deloitte Legal che ha coordinato i lavori della survey, «le direzioni legali tendono a gestire internamente le attività che ritengono più core, come, appunto, la contrattualistica, la compliance e la segreteria societaria. Specialmente nelle grandi aziende, la tendenza è esternalizzare solo quello che non si può fare all’interno per ragioni giuridiche o che richiede delle competenze specialistiche. A tal riguardo, i dati della survey confermano che le attività più esternalizzate sono quelle relative al diritto penale, al diritto amministrativo e al diritto del lavoro e della previdenza sociale». Dati alla mano, infatti, penale, amministrativo e diritto giuslavoristico vengono affidati a un consulente esterno rispettivamente nel 69%, 49% e 46% dei casi. Seguono le questioni giuridiche legate alla proprietà intellettuale (date in appalto agli studi legali il 39% delle volte), il diritto internazionale e dell’Unione Europea (34%) e l’m&a (31%).

A questo proposito, dal report emerge che nell’ultimo anno fiscale circa il 45% delle aziende ha stanziato almeno 1 milione di euro per le spese legali esterne. In vista del prossimo anno, circa il 50% prevede di mantenere invariato tale budget, mentre solo il 26% ha intenzione di incrementarlo.

Per Elena Armini (in foto al centro), senior LMC specialist di Deloitte Legal, «parlare di budget legale è ancora un argomento sensibile: non tutti i dipartimenti legali oggi hanno un budget definito ed approvato. Le voci di spesa per cui normalmente si alloca più budget riguardano l’esternalizzazione dei servizi legali. Quello che stiamo osservando nel nostro quotidiano lavoro con le direzioni in house è che c’è una generale tendenza delle aziende a ridurre il plafond legale o comunque a ridurre le risorse e gli strumenti dedicati all’efficientamento e all’innovazione del dipartimento legale».

Il panel di fornitori

Quanto alle modalità di scelta dei consulenti esterni, dalla survey di Deloitte Legal emerge che oltre l’84% dei dipartimenti legali dispone di un panel di fornitori, che si compone in media di una ventina di nomi, di cui circa 14 sono quelli a cui ci si rivolge effettivamente. La conferma ci è arrivata anche da Concetta Leone (in foto a destra), head of legal & corporate affairs di CIFA, azienda attiva nella progettazione e realizzazione di macchine per la produzione, il trasporto e la posa del calcestruzzo fondata nel 1928 a Milano e dal 2008 parte della multinazionale cinese Zoomlion. «Il nostro panel – ha detto a MAG – conta una decina di consulenti, un numero leggermente inferiore rispetto ai 14 individuati, ma solo perché la nostra azienda non conta tanti contenziosi e si affida poco agli studi legali anche per i casi stragiudiziali, dal momento che per i contratti di concessione e di appalto ci siamo specializzati internamente in format precisi».

Avere a disposizione un panel più o meno lungo di fornitori ha delle conseguenze sul budget a disposizione del dipartimento legale: «Affidarsi a un panel corto offre maggiore certezza nel momento in cui si va a redigere il budget, perché si conoscono meglio le parcelle del consulente di cui ci si avvale. Per panel più lunghi bisogna prendere in considerazione un buffer, ma d’altro canto offrono più scelta e più possibilità di negoziazione. Personalmente, ritengo che il fatto di avere a disposizione più consulenti specializzati in una determinata tematica sia un vantaggio, anche perché consente di avere già un primo confronto con i consulenti durante il preventivo, e quindi di avere una visione molto più ampia e chiara sul problema in questione. Al contrario, scegliere di affidarsi a consulenti singoli tramite accordi quadro è più utile per specifiche tipologie di attività, per esempio le consulenze fiscali e giuslavoristiche: in questo caso, infatti, si crea ciclicità in un rapporto quasi quotidiano per il consulente esterno, che deve poter conoscere bene l’azienda e le sue dinamiche».

La fiducia nella scelta del consulente esterno

Fra gli aspetti più importanti nell’affidamento di un incarico ad un fornitore esterno di servizi legali, il 93% degli intervistati da Deloitte Legal ha menzionato la fiducia come “molto importante”. Seguono una tariffa competitiva (“molto importante” secondo il 36% degli in house) e la conoscenza pregressa (34%). Come ha spiegato Concetta Leone, ci sono casi in cui i kpi analitici sulla base dei quali viene allocato il budget a inizio anno non possono essere presi in considerazione. È allora che si sceglie il legale esterno basandosi innanzitutto sulla fiducia. «Parlo di casi relativi a problematiche sensibili che necessitano di un intervento esterno focalizzato sull’azienda stessa. Nel nostro caso, può succedere quando CIFA viene notificata con atti penali, per esempio. Ma anche, senza necessariamente arrivare al procedimento penale, quando dobbiamo fornire informazioni tecniche su un macchinario coinvolto in un incidente sul lavoro. In questi casi c’è un consulente cui ci affidiamo da anni, che conosce bene l’azienda e le macchine, il che è fondamentale per costruire una linea di difesa».

Ma la fiducia è utile anche in caso di contenziosi all’estero: «Ci facciamo guidare dalla fiducia soprattutto in paesi in cui non riusciamo a trovare domiciliazioni di grandi law firm internazionali e dobbiamo invece scegliere una boutique, senza necessariamente attivare un beauty contest».

Decidere di affidarsi alla fiducia piuttosto ad altri aspetti (per esempio, la vittoria di un beauty contest da parte del consulente), così come per panel di fornitori lunghi o corti, ha un impatto sulla spesa legale. «Se siamo in fase di revisione della budget a disposizione del dipartimento legale – ha proseguito Leone – proviamo a richiedere una riduzione delle parcelle anche ai consulenti scelti sulla base della fiducia. Tuttavia, anche quando non si arriva al compromesso, il management è generalmente più disposto ad accettare compromessi proprio perché si segue la strada della fiducia soprattutto in caso di situazioni delicate. Dopodiché, per porre rimedio a questi scostamenti di budget, usiamo le polizze cosiddette D&O (directors&officers), contratti assicurativi che coprono in parte anche le spese legali».

Una consulenza smart e tailor made

È interessante notare come nel tempo sia cambiata la tipologia di consulenza richiesta allo studio legale. Come ha fatto presente Leone, «l’assistenza di cui si ha bisogno oggi è più smart e tailor made. Questo è diretta conseguenza dell’evoluzione avvenuta all’interno delle direzioni legali, dove c’è più coinvolgimento del general counsel non più solo nella fase patologica delle questioni, ma fin dall’inizio dei progetti, il che consente al team legale in house di avere una visuale delle attività e del business a 360°».

Allo stesso tempo, è diventato più dinamico il rapporto tra dipartimento legale con altre sezioni dell’impresa, espandendo ulteriormente la conoscenza dei vari progetti per tutte le unità aziendali. «Il fatto che il giurista d’impresa non sia più visto solo come un centro di costo ma come un partner del management che conosce il business a menadito, ha comportato la necessità di pretendere un approccio diverso da parte del consulente esterno: se fino a qualche anno fa venivano richiesti pareri lunghi e molto didascalici, adesso si preferiscono pareri concisi ed executive summary in grado di mettere immediatamente in evidenza i problemi e i rischi di un progetto e permettano di condividere subito il contenuto con gli altri dipartimenti aziendali».

Gli alternative legal service provider Per quel che concerne le strategie di sourcing dei dipartimenti legali in house, il report LMC evidenzia infine una caratteristica tipica del mercato italiano: le opzioni per la consulenza rimangono unicamente quelle elencate qui sopra. Ci si affida ancora poco, invece, ad alternative legal service provider (ALSP), quindi ad entità diverse da avvocati e studi legali tradizionali. L’utilizzo di queste strategie di approvvigionamento si concentra principalmente su aree come la cybersecurity (nel 20% dei casi) e le tematiche esg (per il 14% dei rispondenti). Solo il 5% degli intervistati ha dichiarato che la propria azienda impiega attualmente servizi di […]

PER CONTINUARE A LEGGERE, CLICCA QUI E SCARICA IL TUO NUMERO DI MAG

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

SHARE