Linee guida per l’influencer marketing: in campo il giurista d’impresa
La general counsel di L’Oréal Italia, Valentina Ranno: «Le nostre le abbiamo redatte per la prima volta nel 2016, ben prima della pubblicazione della recente normativa dell’Agcom»
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Dopo l’affaire Ferragni e il clamore per il pandoro-gate, l’Agcom ha lavorato alla pubblicazione delle nuove linee guida che gli influencer devono osservare nella loro attività, pena multe fino a 600 mila euro. Di fatto, due pilastri di riferimento esistevano già prima della cosiddetta vicenda Balocco: da un lato il Codice del Consumo (Agcm), che indica come realizzare in modo corretto un contenuto pubblicitario, dall’altro l’Istituto di Autodisciplina (Iap) che, con la sua Digital Chart, fissa le regole per una comunicazione commerciale onesta, veritiera e a tutela del pubblico e delle imprese.
Il caso Ferragni non ha fatto che accelerare quanto auspicato dalla stessa Agcom a inizio 2023, e cioè: servono delle direttive per regolamentare l’influencer marketing, e servono il prima possibile. Il mercato degli influencer, d’altronde, sta crescendo a vista d’occhio. Basti pensare che, secondo uno studio promosso dall’Osservatorio Inside e realizzato dall’Istituto di ricerche sociali e di marketing Eumetra in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Pavia, sono circa 28 milioni (il 76% della popolazione tra 16 e 65 anni) gli italiani che seguono almeno un influencer. La classifica dei settori merceologici in cui la conversione è più alta – per cui, quindi, dal consiglio si passa più facilmente all’acquisto – comprende: abbigliamento, beauty, cucina e videogiochi. Interessanti i dati sulle fasce d’età: oltre l’80% dei Boomers acquista prodotti di bellezza e moda consigliati da un influencer, la GenX si focalizza su cucina e make-up, i Millennials su abbigliamento e viaggi, mentre la GenZ soprattutto su serie TV e videogiochi.
L’avvento (e sopravvento) dei social media, che sono oggi uno strumento di comunicazione a tutti gli effetti, ha permesso agli influencer di ottenere un potere straordinario sulle scelte di acquisto dei consumatori. La collaborazione con questi nuovi professionisti, in grado di creare contenuti sempre più personalizzati e accattivanti, consente alle aziende di raggiungere un pubblico ampio, mirato, con cui diventa possibile stabilire un legame emotivo. Tanto che, numeri UPA (Utenti Pubblicità Associati) alla mano, gli investimenti nell’influencer marketing continuano ad aumentare: nel 2023 si è arrivati a quota 323 milioni di euro (+10% rispetto al 2022), con il 90% delle imprese (erano l’81% l’anno prima) che ha scelto di affidarsi a questo mercato.
MAG ha voluto approfondire il discorso con Valentina Ranno, che dal 2002 è al vertice della direzione affari legali e societari di L’Oréal Italia e che già otto anni fa ha affiancato il gruppo nella redazione delle prime direttive per regolare l’attività degli influencer.
Partiamo dai numeri. Quanto vale l’industria degli influencer?
L’Italia è il secondo mercato europeo per l’influencer marketing dopo il Regno Unito. Per intenderci, dei 10 milioni di influencer attivi in Europa occidentale, oltre 2 milioni si trovano in Italia e altri 3 nel Regno Unito. In terza posizione c’è la Spagna, con 1,4 milioni, e poi la Francia, con 1,3 milioni. Si tratta di un mercato cresciuto già nel primo trimestre del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, soprattutto su TikTok. L’industria del beauty, in particolare, è quella che fa più ricorso agli influencer. E, come immaginerà, L’Oréal è una della società che maggiormente investe in questo settore quando si tratta di influencer…beauty,tiktok,
Quanto è importante per L’Oréal avere successo nell’influencer marketing?
Il nostro investimento nel settore continua ad aumentare. Tenga conto che il mercato digitale dell’influencer marketing, comunque, è ben più piccolo di quello delle pubblicità in televisione e su stampa. Ciò detto, è un mercato che sta crescendo tantissimo e che funziona non solo per promuovere il singolo prodotto, ma anche per aumentare la fiducia nei confronti dell’intero brand e aumentarne la notorietà.
E più cresce, più è importante avere delle regole…
Certo. Se non venissero date indicazioni chiare, il mercato dell’influencer marketing rischierebbe di esplodere. Per questo è indispensabile per noi rimanere sempre aggiornati, informati, al passo con quello che succede. Ma il fatto di avere da tempo delle linee guida di riferimento ci permette di non rivoluzionare per intero il nostro sistema normativo: sarà semplice adeguarci alle nuove regole statali.
A quando risalgono le linee guida sull’influencer marketing di L’Oréal?
Le abbiamo redatte in coordinamento con l’Istituto di Autodisciplina per la prima volta nel 2016, quindi ben prima della pubblicazione della recente normativa dell’Agcom. Dopodiché, da allora ci riuniamo periodicamente, in particolar modo quando cambia il contesto sociale, come successo di recente, per verificare che le nostre regole siano aggiornate.
Che cosa prevedono le vostre regole sull’attività degli influencer?
Le nostre linee guida si allineano a quelle dell’Istituto di Autodisciplina, e si basano innanzitutto su due valori: trasparenza e fiducia. Questo è fondamentale dal momento che le nuove generazioni seguono costantemente diversi influencer online e hanno bisogno di fidarsi di quello che dicono. Ecco, dunque, che gli influencer di L’Oréal devono dimostrare di rispettare i quattro principi etici su cui si fonda il lavoro del gruppo: integrità, rispetto, coraggio e trasparenza.
Questo cosa comporta nei fatti?
Comporta, per esempio, chiarezza nella comunicazione e riconoscibilità dell’informazione come pubblicitaria. In poche parole, devono specificare sempre che il contenuto è una pubblicità pagata, oppure che i prodotti promossi sono stati regalati.
Ma perché avete avuto bisogno di istituire delle linee guida prima che la legge lo chiedesse?
Perché ci siamo resi conto che il fenomeno degli influencer stava crescendo, non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Come gruppo internazionale non possiamo permetterci di subire un danno di reputazione, visto che, peraltro, non si tratterebbe di un problema a livello unicamente locale, ma globale, per l’intero gruppo. Per questo lavoriamo con la unità digital e della comunicazione.
Quindi le vostre linee guida sono valide a livello internazionale, per tutti i paesi in cui siete presenti?
Non esattamente. Certamente i principi di base sono sempre la trasparenza e la fiducia (non avremo mai, in nessun paese, influencer che fanno dichiarazioni razziste!). Ma ogni nazione in cui siamo presenti ha la sua specificità. In Italia, per esempio, […]
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