Costruire ponti: il vero compito degli in house counsel

A margine della conferenza annuale di ACC Europe, MAG fa luce sulle trasformazioni del ruolo del giurista d’impresa

di michela cannovale

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Cambiamento climatico, conflitti socio-politici, recessione economica: il mondo sta affrontando una crisi senza precedenti. E i dipartimenti legali interni non sono immuni da queste sfide. Al contrario, il loro ruolo li rende strategicamente in grado, durante tale crisi, di creare connessioni mettendo in contatto aziende, settore finanziario, apparato sociale e istituzioni governative, accelerando la transizione verso un modello economico più sostenibile e traducendo i complessi requisiti normativi in obiettivi aziendali perseguibili. È così che gli in house counsel riescono a offrire valore aggiunto alle loro organizzazioni: un compito che va oltre la semplice consulenza legale e che, in occasione della conferenza di ACC Europe, che quest’anno si è tenuta a Bruxelles, è ricaduto sotto la definizione di “costruire ponti”.

Cosa fanno gli in house counsel? Costruiscono ponti. Perché come i ponti – ha spiegato bene Eva Argiles, general counsel di Applus e presidente di ACC Europe – i giuristi d’impresa collegano due parti, due dipartimenti, più stakeholders, l’interno della loro azienda con il mondo esterno. E, come i ponti, devono garantire stabilità, sicurezza e gestione della crisi.

Ne hanno parlato più approfonditamente, nella tavola rotonda di apertura della conferenza, Vittorio Di Bucci, principal legal adviser della Commissione europea; Philip Eyskens, chief legal & compliance officer di Bekaert e Inderpreet Sawhney, group general counsel di Infosys.

Costruire ponti dopo il Covid

Secondo Di Bucci, la necessità di costruire ponti che fossero quanto più stabili possibile si è cominciata a sentire a partire dalla pandemia di Covid, quando molti fattori hanno creato la tempesta perfetta per i dipartimenti legali aziendali, costringendo i general counsel a trovare nuove modalità di lavoro per non crollare insieme alla loro azienda. «Con il coronavirus – e poi con le crisi che si sono susseguite – sono aumentate esponenzialmente le richieste aziendali e le aspettative sui tempi di risposta, con un impatto evidente anche sull’azione normativa della Commissione Europea. Per esempio, ora dobbiamo reagire molto più rapidamente nel fornire vaccini, nell’imporre sanzioni alla Russia dopo l’attacco all’Ucraina, così come nel trovare soluzioni alla crisi energetica».

Costruire ponti dopo la crisi energetica e il cambiamento climatico

Negli ultimi anni, i diversi compiti dei legali interni hanno spaziato dall’implementazione di linee guida sulla salute pubblica per la sicurezza sul posto di lavoro a, come ha ricordato Di Bucci, la ricerca di soluzioni relative a questioni ambientali, sociali e di governance (i famosi fattori ESG). La necessità di un approccio più sostenibile, ha aggiunto Sawhney, ha costretto le aziende a cambiare. E, ai fini di questo cambiamento, si appoggiano sempre più sui loro legali interni. «Visto che anche la sostenibilità è ora regolamentata – ha detto Sawhney – come giuristi d’impresa, a Infosys, facciamo in modo che i nostri campus siano tutti eco-friendly. Inoltre, portiamo avanti iniziative legale all’accesso all’acqua potabile, all’educazione, all’inclusione e alla privacy dei dati».

Costruire ponti dopo l’avvento dell’IA

Secondo Sawhney, anche l’avvento dell’intelligenza artificiale ha contribuito, così come il Covid e il cambiamento climatico, a modificare il ruolo degli in house counsel, creando la necessità di costruire nuovi ponti. «Credo che, così come fino a qualche anno fa l’IA era considerata assolutamente futuristica, non possiamo ora immaginare che cosa ci aspetta nel futuro. Ad ogni modo, al di là dei vantaggi che l’IA offre, ci sono anche implicazioni legali che, come in house counsel, dobbiamo tenere in considerazione. Per esempio: come possiamo garantire che questi strumenti operino in modo giusto? Come possiamo gestire il fatto che, interfacciandoci con l’IA, ci interfacciamo con un linguaggio nuovo e che non conosciamo? E ancora: come comportarci davanti all’evidenza che molti dei nostri lavori possono essere fatti anche da un computer?».

«Anche la Commissione europea – ha precisato Di Bucci – sta cercando di capire come comportarsi con l’IA. Due anni fa abbiamo presentato la prima proposta di regolamentazione dell’IA, perché l’Europa ritiene che il rischio con questi strumenti sia elevato e che debbano per forza essere conformi alle nostre norme».

Ma quindi, come si costruiscono i ponti? L’importanza della resilienza

I giuristi d’impresa sono quindi sempre più impegnati, con un carico di responsabilità sempre più pesante che riguarda la salute pubblica, le crisi socio-politiche, quelle economiche, l’intelligenza artificiale, la protezione dei dati. Dalla conversazione di MAG con i partecipanti alla conferenza, è apparso scontato come l’apprendimento dell’attività e la creazione di relazioni interne alla squadra legale sia un compito piuttosto semplice per qualsiasi in house counsel. La parte difficile – e più importante – comincia nel momento in cui gli in house counsel devono comunicare con i colleghi provenienti da dipartimenti diversi. L’ufficio legale, d’altronde, parla di leggi, le vendite parlano di vendite, l’IT parla di IT e la finanza… di finanza. Ma tutti, a un certo punto, devono incontrarsi ed essere in grado di parlare la stessa lingua.

Partendo dal presupposto che la comunicazione è fondamentale, cosa possono fare le direzioni legali interne? Possono, per l’appunto, lavorare per costruire ponti tra le varie unità aziendali. E, in un secondo momento, costruire gli stessi ponti, ma tra l’azienda e il mondo esterno.

Quando abbiamo chiesto ad Eyskes come proceda per stabilire relazioni dentro e fuori la sua organizzazione, ha risposto che «una delle cose che ho imparato di recente è pensare in modo sistemico. La prospettiva è la seguente: riflettere in modo più circolare che lineare. Mi sono chiesto: chi siamo come consulenti interni? Chi puntiamo davvero ad essere? Come legali in house, contribuiamo a plasmare il modo in cui i lavoratori si muovono. E per farlo, ci basiamo anche sui parametri ESG, dove la ‘E’ è nota più o meno a tutti (è l’attenzione all’energia e all’ambiente), la ‘S’ è legata allo sforzo di riunire tante tipologie di persone all’interno dell’organizzazione e la ‘G’ è legata alla governance, alla giustizia, all’intero approccio normativo».

«Il nostro dipartimento si chiama ‘servizio legale’ per un motivo: siamo avvocati e al tempo stesso forniamo un servizio alle istituzioni con cui collaboriamo. Ma prima di iniziare ad applicare le leggi (ovvero: prima di trovare il modo in cui vogliamo fornire un ordine alla società e all’economia), dobbiamo capire a cosa le stiamo applicando esattamente. E l’unico modo per farlo è ottenere il maggior numero di informazioni possibili, creando ponti con gli stakeholder e discutendo con loro», ha detto Di Bucci.

 «Fare business – ha proseguito Eyskes – è una questione di fiducia. La fiducia è il motivo per cui le persone lavorano con te, comprano da te, investono in te, restano con te. Quindi non importa quanto “liquida” sia la tua organizzazione e quanto sparsi per il mondo siano i tuoi colleghi. Alla fine, si tratta di lavorare insieme e di creare fiducia. Io creo ponti ottimizzando i processi aziendali, lasciando che tutti contribuiscano e si assumano responsabilità. Se si riesce a creare l’ambiente giusto in cui le persone si sentono davvero parte del team, si è pronti ad affrontare molte sfide».

Secondo Sawhney, «più si capisce che i colleghi e i clienti si rivolgono a te per trovare risposte, più si ha la sensazione di essere un buon consulente legale. E, per diventarlo, bisogna essere in grado di identificare il rischio, avere un piano di mitigazione e informare l’azienda di tutte le conseguenze di qualsiasi azione intrapresa come direzione legale. È così che da in house counsel ci si trasforma anche in partner commerciale. Credo infatti che ciò che le aziende apprezzano sia proprio questo: essere preparati a qualunque tipo di conseguenza, non importa se negativa. È esattamente quello che chiamiamo resilienza, no?».

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michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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