Cda robot? Solo ripensando l’intero diritto societario

Duccio Regoli e Giuseppe Catalano riflettono con MAG sugli impatti dell’AI sulla governance dell’impresa

di michela cannovale

QUESTO ARTICOLO COMPARE NELL’ULTIMO NUMERO DI MAG

Chi riesce a immaginare una riunione del consiglio di amministrazione (cda) di un’azienda in cui uno dei posti a sedere sia occupato da un robot? Un robot che, grazie all’intelligenza artificiale, è in grado di generare algoritmi complessi e indirizzare le decisioni del consiglio. Un film di fantascienza, si dirà. Nient’affatto. Si tratta, invece, di un’anticipazione di come, in futuro, potrebbero svolgersi i lavori negli organi societari.

D’altronde, le possibilità offerte dall’intelligenza artificiale (AI) suscitano da anni grande curiosità. Era solo questione di tempo perché questa entrasse anche nei consigli di amministrazione. Ma a quale costo?

Se ne è discusso in occasione della conferenza “AI impact: nuovi modelli di interazione” organizzata dallo studio Gattai Minoli Partners insieme ad Aigi (Associazione italiana giuristi d’impresa). Tra i relatori erano presenti anche Duccio Regoli (in foto a destra), professore ordinario di Diritto Commerciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore nonché socio dello studio, e Giuseppe Catalano (in foto a sinistra), presidente di Aigi.

Non sono pochi coloro che ritengono che “le nostre agende siano già stracolme, come può l’AI essere una priorità ora?” o che “non siamo un’azienda tecnologica, l’AI non è una questione da consiglio di amministrazione”. Altri sono invece convinti che il passaggio all’AI sia inevitabile.

Lo abbiamo visto anche nell’intervista di Giuseppe Salemme all’avvocato Richard Susskind sullo scorso numero di MAG, secondo cui il progresso tecnologico stravolgerà il mercato delle professioni e il nostro stesso modo di concepirle, avvocatura in primis, anche se «ovviamente i primi a essere sostituiti dai sistemi di AI non saranno i giudici della Corte Suprema, ma coloro che svolgono il lavoro più ripetitivo e di routine. […] Gli avvocati, e tutti i professionisti, probabilmente scompariranno come sono scomparsi gli artigiani nel Medioevo».

Succederà lo stesso con i componenti dei consigli di amministrazione? L’AI sarà presto in grado di gestire l’impresa sostituendosi di fatto all’essere umano? MAG ne ha parlato con Regoli e Catalano a margine della conferenza sopracitata, ritrovando in entrambi la stessa linea di pensiero: allo stato attuale, le possibilità che l’AI diventi un vero e proprio organo decisionale nei consigli di amministrazione sono scarse. La ragione principale è la seguente: la maggior parte degli ordinamenti giuridici richiede che gli amministratori siano persone fisiche «e non, invece, un flusso infinito di codici che lampeggia in un processore», ha affermato Catalano.

Date le pressioni esercitate sulle imprese affinché applichino la governance e i valori sociali richiesti dagli stakeholder, in effetti, potrebbe essere più difficile di quanto sembri per i robot considerare i sottili equilibri sociali, politici ed economici necessari nel processo decisionale. Per dirla con Regoli, «come ricordato da molti autori tra i quali Crowford, “l’AI non è una tecnica computazionale oggettiva, universale e neutrale che prende decisioni in assenza di istruzioni umane”, ma costituisce piuttosto un possibile tool operativo per gli amministratori per affrontare molteplici decisioni e iniziative relative al governo dell’impresa. Uno strumento, dunque, per migliorare l’efficienza della governance come emerge anche dalla citata proposta di Regolamento Europeo sull’AI del 2021».

Le applicazioni dell’AI nei cda

Sebbene ora come ora sia remota la possibilità che l’AI sostituisca l’amministratore, sarebbe sbagliato non rendersi conto della sua utilità nei consigli di amministrazione, del fatto che diventerà uno strumento di supporto e di potenziamento dell’attività dei consiglieri, sia nella gestione in senso stretto, sia nel controllo sulla gestione. In che modo, tuttavia?

Per Catalano esistono tre modalità: «La prima – ha spiegato – è quella di tipo ausiliario e meramente pratico: molti sistemi di AI sono infatti già attivi a supporto dei consiglieri in quanto elaborano e permettono di avere uno script di quanto avvenuto durante il consiglio. La seconda è quella che predispone il consiglio a prendere una decisione giusta, ad avere il set informativo e documentale idoneo per fare una scelta. La terza è quella del robodirector», di cui parleremo nel prossimo paragrafo.

Per Regoli, l’utilità dell’AI può inoltre prospettarsi «nella verifica di processi di due diligence fatti in occasione di operazioni straordinarie attraverso il ricorso ad algoritmi predittivi che già oggi sono spesso utilizzati per analizzare grandi quantità di dati di mercato aventi gli oggetti più disparati (consumi, tendenze, andamenti e fluttuazioni della disponibilità e dei costi delle materie prime) per poi consentire agli esecutivi di impostare le loro strategie o anche per verificare e aggiornare le assumption e dunque gli obiettivi dei piani industriali».

Non solo. «In una prospettiva ancora più evoluta della gestione, come quella ispirata all’obiettivo del successo sostenibile – ha proseguito Regoli –, l’AI può diventare uno strumento di supporto per il delicato bilanciamento degli interessi dei soci e degli stakeholders nella gestione dell’impresa».

Roboboards e algorithm officers

È chiaro che, qualunque sia l’applicazione dell’AI all’interno dei cda, questa richiederà una serie di interventi sull’organizzazione della governance dell’impresa. Primo fra tutti, la partecipazione al consiglio stesso di componenti con competenze specifiche sul machine learning. Direttamente collegato a questo primo provvedimento, ha affermato Regoli, sarà poi necessaria «la creazione di figure e ruoli di executives con la funzione di intervenire per approvare scelte in materia di AI (i cosidetti algorithm officers) o di comitati “tech” interni con particolari competenze sull’uso degli algoritmi, così come l’adozione del modello di amministrazione e controllo più adatto che in molti indicano nel modello monistico, con l’inserimento di amministratori indipendenti con conoscenze specifiche sull’uso dell’AI».

Se è inevitabile che lo sviluppo di questi strumenti impatti sulla composizione dei cda aprendo sempre più spazi per specialisti tech (come gli algorithm officers, che però rimarrebbero umani), è invece escluso il passaggio a quelli che gli americani chiamano roboboards (consigli composti da macchine). Il motivo è semplice, secondo Regoli: «La presenza dei robot si scontra con i doveri fiduciari e la responsabilità degli amministratori, oltreché con i requisiti di indipendenza e di gender diversity, che sono propri della disciplina relativa alla governance societaria».

E qui ci riagganciamo all’utilizzo del robodirector menzionato da Catalano – e già fortemente presente nella letteratura statunitense. Sebbene alcuni osservatori non possano fare a meno di notare i vantaggi di un robot che assume il ruolo di amministratore (non essendo umano, infatti, non dovrebbe soffrire di conflitti di interesse, può elaborare grandi quantità di dati e lavorare a lungo, garantendo quindi un processo decisionale coerente), è improbabile che questo prenda possesso del cda. Certamente bisognerà ripensare il diritto societario se mai questo dovesse accadere.

«Per quanto, certo, le capacità e le competenze possano essere semplicemente programmate, mi viene difficile immaginare che un robot rimanga fit and proper per rispondere alle necessità di un cda. Le macchine vengono infatti alimentate da una serie di dati, che non saranno mai la totalità dei dati a disposizione nella realtà tali da garantire l’indipendenza di giudizio che è richiesta ai consiglieri», ha sottolineato il presidente Aigi.

Se così non fosse, il governo degli Stati Uniti non starebbe ora cercando di correre ai ripari dopo che i sistemi di AI usati da alcune società del settore immobiliare sono stati accusati di penalizzare i cittadini che hanno provato a chiedere un mutuo per l’acquisto di un’abitazione senza motivazioni oggettive ma solo sulla base di etnia, disabilità, religione o nazionalità.

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michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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