Diritto all’identità di genere: l’Italia segue a fatica

La Scozia, intanto, si muove sulla scia di altri Paesi europei

di michela cannovale

Il percorso di riaffermazione di genere per le persone transessuali è ovunque, se non impossibile, un cammino lungo e complicato. A regolarlo, in Italia, è la Legge 164, che prevede solo al termine dell’iter la possibilità di rettifica dei dati anagrafici sul documento di identità. Le tempistiche della pratica dipendono perlopiù dalla grandezza del tribunale in cui viene presentata l’istanza e dal carico di lavoro dei giudici, e sono dunque difficili da calcolare.

Lo scorso dicembre, il Parlamento della Scozia ha approvato una legge che velocizza nettamente questo percorso, permettendo alle persone transgender che abbiano compiuto i 16 anni (e non più 18) di modificare autonomamente la propria identità sui documenti attraverso un’autocertificazione.

Sebbene il governo di Londra abbia annunciato di voler bloccare la legislazione approvata da Edimburgo, la Scozia non è da sola. Anche la Spagna, infatti, ha recentemente dato il via libera a un sistema di autoidentificazione per le persone che vogliono riaffermare il proprio genere a livello legale.

E l’Italia? Cosa prevede esattamente la giurisprudenza che regola il diritto all’identità di genere? Quali sono i passaggi del riconoscimento? E a che cosa devono porre attenzione le aziende che hanno a che fare con lavoratori che si trovano nel mezzo di questo percorso?

Ne parliamo con l’avvocata Federica Brondoni, senior associate dello studio Giambrone & Partners e responsabile del dipartimento Gay Lawyers di Milano, in una nuova puntata del podcast Diverso sarà lei.

michela.cannovale@lcpublishinggroup.com

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