Refinitiv Global Risk & Compliance Report: 8 manager su 10 sotto pressione per aumentare i ricavi
L’84% dei manager italiani si trova, o si troverà nei prossimi mesi, sotto estrema o significativa pressione per aumentare i ricavi della società.
Lo rileva l’annuale Global Risk and Compliance Report di Refinitiv, condotta su un campione composto da 2920 manager (dal chief level al middle management) responsabili o che si occupano dei processi di Risk & Compliance. Le aziende di cui fanno parte i manager del campione sono di grandi dimensioni, con un turnover medio di $24,3 miliardi, e provengono da 30 Paesi, tra cui l’Italia.
La pressione sull’aumento dei ricavi comporta un movimento inversamente proporzionale nell’attenzione su controlli e processi di due diligence. In Italia il 62% dei manager dichiara di essere stato costretto a utilizzare scorciatoie nei processi di selezione clienti e due diligence.
In totale, il 41% del campione ha riportato di aver condotto attività iniziale di due diligence su terze parti (-6% rispetto al 2019). In questi casi le società sono riuscite ad ottenere in media solo il 46% dei dati e documenti legali richiesti per svolgere le verifiche. Inoltre, il 43% degli intervistati aggiorna la due diligence di clienti o terze parti almeno una volta all’anno.
L’utilizzo delle tecnologie viene identificata come una delle principali variabili nella lotta ai crimini finanziari. Come mostrano i dati, circa 9 manager su 10 (86%) concordano sul fatto che le tecnologie digitali innovative hanno aiutato a identificare un maggior numero potenziale di crimini finanziari. Tra questi, i cyber-crimini sono tra quelli che hanno registrato una maggiore crescita in termini di priorità dopo la pandemia. In Italia, il 40% dei crimini finanziari noti ai manager è stato riportato formalmente all’esterno dell’organizzazione.
Luci ed ombre in tema Sostenibilità: il 39% a seguito della pandemia, ha dichiarato come la propria Società abbia dato maggiore rilevanza ai crimini “green”, ma questo trend non risulta accompagnato da una crescita sostanziale delle risorse investite dalle aziende per prevenirlo: infatti solo l’8% delle azioni sono volte a contrastare i “green crime”, mentre la maggior parte delle risorse è impiegata per contrastare la frode (20%), il riciclaggio (16%), il furto e i crimini cyber (14%).