Corte Ue ribadisce: obbligatoria la parità di retribuzione

I divari di retribuzione di genere sono illegittimi. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea a inizio giugno, esprimendosi su una vicenda che nello specifico coinvolge la catena di supermercati Tesco, ma che è destinata ad avere risvolti molto più ampi.

L’istituzione europea ha infatti ribadito che il principio di parità di retribuzione tra i lavoratori, sancito dall’articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Ue (Tfue), va sempre rispettato e, in caso di inottemperanza, qualsiasi cittadino può invocarlo davanti alla Corte.

In particolare, alcune dipendenti di Tesco avevano citato in giudizio l’azienda britannica appellandosi proprio al principio contenuto nell’articolo 157 del Tfue, sostenendo di percepire, per un impiego di pari valore anche se presso uno stabilimento diverso, uno stipendio più basso rispetto a quello destinato ai colleghi maschi. La tesi difensiva dell’azienda, basata sull’interpretazione dell’articolo come applicabile solo nei casi riferiti allo «stesso lavoro» e non a «lavori di pari valore», è stata respinta dalla Corte.

La parola finale spetta ora, così come spetterà anche negli eventuali casi futuri, ai singoli tribunali nazionali, ma la lettura del principio è chiara: non è possibile fare distinzioni, quando si tratta di retribuzioni.

Il divario retributivo è, al momento, un problema comune a tutti gli stati membri dell’Ue. In media, le donne europee percepiscono uno stipendio inferiore del 14,1% a quello dei colleghi maschi.

Nel nostro Paese le cose non vanno meglio. Nonostante il principio di uguaglianza tra i lavoratori sia espressamente previsto dall’articolo 37 della Costituzione e dal codice delle pari opportunità (Dlgs 198/2006), le opportunità di stipendio per le donne sono ancora inferiori rispetto a quelle degli uomini. In Italia, infatti, stando a una recente ricerca di Bain & Company, il pay gap medio nel settore privato è del 21%. La percentuale, che è tra i valori più alti d’Europa, cresce ulteriormente all’avanzare del percorso di carriera. Eppure, rileva lo stesso studio, la partecipazione delle donne al mondo del lavoro ha un potenziale per il nostro Paese compreso tra 50 e 150 miliardi di euro in termini di Pil.

 

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