Salary satisfaction 2021: con la pandemia cresce la soddisfazione

La pandemia del Covid-19 ha messo in crisi molti settori e, di conseguenza, ha impattato in modo negativo sui salari, mentre i posti di lavoro sono stati solo parzialmente tutelati da misure di protezione come il blocco dei licenziamenti disposto dal Governo fino a marzo 2021. Nonostante questo, ci sono stati settori che hanno tratto un giovamento in termini di business e, oggi più che mai, la percezione del valore dello stipendio assume una dimensione “relativa”, in cui l’elemento della sicurezza del salario con ogni probabilità assume un peso nuovo. Anche di questa ulteriore chiave di lettura si è cercato di tenere conto nell’indagine Salary satisfaction 2021 svolta dall’Osservatorio JobPricing.

Lo studio 

La ricerca è stata effettuata su oltre 2000 lavoratori dipendenti con una survey online focalizzando l’attenzione su 6 dimensioni: equità (sono pagato il giusto rispetto al mio ruolo e rispetto agli altri), competitività (sono pagato in linea col mio valore di mercato), performance e retribuzione (sono pagato in proporzione al mio contributo individuale), trasparenza (capisco e ho chiari i criteri di politica retributiva del mio datore di lavoro), fiducia e comprensione (condivido i criteri di gestione delle retribuzioni della mia azienda), meritocrazia (le ricompense vanno davvero a chi se le merita).

Emerge che la condizione vissuta nel 2020 ha inevitabilmente avuto un forte impatto sulle percezioni dei lavoratori rispetto ai loro salari. Diversamente da quanto si potrebbe pensare, però, il livello generale di soddisfazione, pur restando insufficiente è aumentato in modo significativo rispetto al 2019, passando da 3,7 a 4,4 (+19%). I lavoratori che hanno espresso in giudizio positivo sono quasi il 46%, rispetto al 34% rilevato nel 2019 mentre il totale dei lavoratori totalmente insoddisfatti scende dal 26,3% al 18,9%. Solo per gli operai si registra un livello di forte insoddisfazione. L’indice generale di soddisfazione torna quindi a crescere dopo il calo registrato lo scorso anno.

L’anno della pandemia sembra aver portato i lavoratori a una rivalutazione in positivo della propria retribuzione. In un periodo di “vacche magre” la priorità è intanto averne una: di fronte ad un mercato del lavoro dove in molti hanno perso il posto, dove molti altri lo vedono protetto solo dal divieto temporaneo dei licenziamenti e dove anche chi è ragionevolmente sicuro di mantenerlo ha visto calare i propri guadagni, la valutazione appare decisamente più indulgente che nel passato.

Gennaro Di Vittorio

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