Ftse Mib: i giovani manager superano quota 50, il 18% sono donne
Se è vero che la pandemia ha indotto le principali aziende quotate italiane ad un atteggiamento più prudente, riducendo il numero di nuove nomine e privilegiando, quando si è cambiato, candidati in continuità, i risultati dell’Italia nella classifica Route To The Top nel 2020 – analizzati dalla società di executive search Heidrick e Struggles – non divergono dalla media internazionale.
A partire dall’età. In Italia l’età media dei CEO si attesta intorno ai 58 anni, vicina al dato planetario che si attesta a 56. Il dato che sorprende riguarda il numero di manager che riescono a diventare CEO prima dei 45 anni. L’Italia supera le aspettative raggiungendo quota 25%, sopra di tre punti percentuali rispetto alla media internazionale. Pur non raggiungendo l’eccellenza del Belgio con il 48% di giovani manager CEO, il risultato italiano non è lontano dai paesi guida del continente ed è frutto di un cambio generazionale che investe soprattutto i ruoli più esposti alla fluidità del contesto di mercato tra quelli di guida delle aziende. Sono infatti più di 50 i giovani top manager del Ftse Mib che hanno meno di 45 anni, si va dai CEO di Exor e Snam, John Elkann e Marco Alverà, al CFO di Unicredit Stefano Porro fino alla più giovane del listino, ossia Enrica Marra, Chief Risk Officer di Atlantia a 34 anni.
Le nuove generazioni
La presenza di generazioni più giovani nei ruoli apicali più esposti al nuovo mercato, seppure non ancora in quelli di CEO, fanno presagire una possibile accelerazione imminente del ricambio generazionale e un’apertura sempre maggiore dei giovani nei vertici aziendali, considerato anche che il 65% delle posizioni di responsabilità viene reclutato proprio all’interno delle aziende. I percorsi di carriera più gettonati, secondo lo studio, verso la poltrona da CEO partono da ruoli finanziari ed operativi: il 17% dei CFO, infatti, è assunto al soglio di amministratore delegato, lo stesso percorso è invece aperto al 18% dei direttori operativi (Chief Operations Officer – COO).
«E’ questo il momento per investire in trasformazioni senza precedenti. Ci aspettiamo cambi importanti per le nuove nomine che interesseranno grandi gruppi societari, anche a partecipazione pubblica. Il periodo certo non ha favorito scelte trasformative ma nonostante il percepito comune i dati offrono un quadro di cambiamento positivo per l’Italia» dichiara Niccolò Calabresi, Managing Director Heidrick & Struggles Italia, Portogallo e Spagna (nella foto).
La pandemia non ha rallentato questo fenomeno, anche se ha compresso il numero di cambi ai vertici in questo anno di transizione; i direttori finanziari eletti CEO da marzo 2020 sono a livello globale addirittura cresciuti raggiungendo quota 27%, proprio come i COO. Guardando alle quote rosa del management italiano, i segnali sono sempre insufficienti ma in leggero miglioramento: le posizioni manageriali apicali delle società quotate presentano una rappresentanza femminile al 14% delle strutture quotate, di cui il 18% under 45. Salendo ai vertici, pur con numeri ancora contenuti, la quota di donne italiane CEO è del 5% proprio come la media del resto del mondo, fatta eccezione per l’Irlanda che raggiunge il 15%.
La situazione italiana
In Italia cresce, invece, il numero di nuovi CEO che hanno avuto esperienze all’estero (43% vs. 36% globale) e che hanno ricoperto ruoli di governo in industrie diverse: il 23% contro il 17%. A fare della ecletticità un requisito fondamentale per la selezione dei vertici sono principalmente le aziende che operano nel campo della tecnologia, dove il 26% dei nuovi CEO ha lavorato in industrie differenti, e quelle sanitarie che registrano il più alto numero di CEO con esperienze internazionali (52%). Le donne crescono invece nel settore finanziario (6%) ma anche nell’industria (5%) dove lentamente raggiungono la media generale.