Con la crisi da Covid può chiudere un’azienda familiare su quattro
A dirlo sono i calcoli del XII Osservatorio AUB. La crisi innescata nel 2020 dalla pandemia ha un impatto doppio sul Pil italiano rispetto a quella iniziata nel 2008-2009, che pure aveva costretto il 17,5% delle aziende familiari italiane a entrare in procedure concorsuali o liquidatorie nel decennio successivo. Ne deriva che il 25-30% delle aziende familiari è così a rischio, nonostante si siano affacciate al 2020 in una situazione patrimoniale, reddituale e finanziaria migliore rispetto a quella del 2009.
L’Osservatorio AUB, promosso da AIDAF – Italian Family Business, Cattedra AIDAF-EY della Bocconi, UniCredit e Cordusio, con il supporto di Borsa Italiana, Fondazione Angelini e Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi, monitora tutte le aziende familiari italiane che hanno superato la soglia di fatturato di 20 milioni di euro: 17.984 aziende, di cui 11.808 a controllo familiare (pari al 65,6%).
L’analisi mostra che, rispetto all’inizio del 2009, la quota di aziende familiari con una struttura patrimoniale o reddituale davvero compromessa (equity o EBITDA negativi) era scesa all’inizio del 2020 dal 4,3% al 3,4% e quella di aziende con indicatori di solidità critici era scesa di dieci punti (dal 38,8% al 29,9%), mentre le aziende che disponevano di una liquidità superiore all’indebitamento erano salite dal 17,7% al 29,5%. Tuttavia, il 33% delle aziende mostrava una struttura inadeguata ad affrontare la crisi pandemica.
Infine, pur partendo da un livello decisamente più basso (25% contro il 43% del campione totale, che comprende familiari e non familiari), le aziende familiari hanno quasi raggiunto le altre nell’utilizzo dello smart working (85% vs. 93% del campione totale) durante il 2020. Nel 77% dei casi, inoltre, le aziende familiari si erano attivate per dare supporto ai dipendenti, soprattutto dal punto di vista della sicurezza (protocolli e fornitura di dispositivi di protezione individuale). Ne derivavano, per il primo semestre, una riduzione dei ricavi più contenuta (10,1% vs, 11,9% delle non familiari), un aumento dell’occupazione (+3,4%) da confrontarsi con un calo nelle non familiari (-1,4%) e una performance di borsa migliore del 22,3%.