Fendi, il legal riorganizzato a matrice
di ilaria iaquinta
Ricerca dell’efficienza, gestione ottimale dei talenti in house e, a seguito del Covid-19, massima flessibilità nell’accogliere nuove modalità di lavoro. Sono tre grandi priorità per i general counsel (GC). MAG ne ha parlato con Gabriella Porcelli general counsel e ip ethics compliance director di Fendi dal maggio 2019. La consigliera dell’Associazione Italiana Giuristi D’impresa AIGI, è una delle giuriste d’impresa più poliedriche del Paese. Prima che nel comparto del lusso, ha lavorato in settori disparati – dall’energia (come GC di TAP e in passato come corporate counsel nel gruppo Eni), al largo consumo (guidando la direzione legale del colosso del tabacco Philip Morris International), al farmaceutico (quale legal affairs associate director di Pfizer).
«Dopo il primo impatto con il mondo della moda e del lusso e una prima fase di familiarizzazione col business, ho cercato di condividere in modo pratico in azienda una serie di learnings derivati dalle mie precedenti esperienze professionali», racconta la giurista che in Fendi guida un team di 11 professionisti, che ha riorganizzato, dopo il suo arrivo, anche per dare più spazio all’iniziativa personale.
Avvocata Porcelli, da quando è salita alla guida della direzione legale di Fendi si è fatta promotrice di un processo di riorganizzazione del team in house. Di cosa si tratta?
È una revisione funzionale ad aiutare i colleghi a responsabilizzarsi, crescere, supportare l’azienda e a creare valore sostenibile anche per il tramite di un supporto legale organizzato per adattarsi meglio alle evoluzioni del business e alle sfide delle nuove competenze. È stata studiata con la funzione hr e condivisa con la direzione legale di LVMH. Abbiamo parzialmente ridefinito la mission del legal department, riorganizzato “a matrice” e iniziato una serie di approfondimenti tecnici, come ad esempio su nuove metodologie di risk assessment.
Ci dica bene…
Alcuni giuristi da gennaio hanno assunto il ruolo di “business partner” per le zone geografiche in cui operiamo, mantenendo quello di “reference expert” per uno o più dipartimenti nella sede di Roma. Altri colleghi invece sono specialisti e supportano globalmente tutta l’organizzazione su alcune aree (compliance, ip, public affairs). Nel team sono entrati anche nuovi professionisti di provenienza esterna o di “ritorno” da un’altra area/affiliata. Abbiamo definito, in coerenza con le priorità del gruppo, un ruolo di compliance a reach “globale”, cioè dedicato a questa funzione in via esclusiva, con l’ingresso di Elisa D’Amico come Worldwide compliance manager. Abbiamo “internalizzato” il dpo (Laura Liberati), e rafforzeremo il presidio ip non appena possibile. Rientrano ora tra le aree di responsabilità del dipartimento anche i rapporti istituzionali.
Quali sono i vantaggi dell’avere un team strutturato a matrice?
È un sistema flessibile, che lascia ai professionisti lo spazio per instaurare un rapporto fiduciario col business che opera anche lontano dall’hq e per imparare a conoscere la cultura e le problematiche legali delle aree geografiche di riferimento. Inoltre, aiuta l’azienda ad anticipare i rischi legali e di compliance, specialmente in giurisdizioni in cui la direzione legale non ha ancora un avamposto “fisico”.
Questo riassetto inoltre mi sembra responsabilizzi ulteriormente le persone.
L’obiettivo era anche “liberare” le potenzialità delle persone e rendere più coeso ed efficiente il team per assicurare ancora migliore qualità, rapidità e coerenza di supporto: due risultati che si raggiungono incoraggiando una visione proattiva del supporto legale e spingendo i collaboratori ad andare oltre il semplice parere tecnico e a tenere conto del contesto e del settore di business.
CLICCA QUI PER PROSEGUIRE LA LETTURA. SCARICA GRATIS LA TUA COPIA DI MAG