USA: stop alle discriminazioni LGBTQ+ sul lavoro

Niente più discriminazioni sul lavoro per le persone LGBTQ+ negli Stati Uniti. A sancirlo è una sentenza storica della Corte suprema americana. In particolare, l’autorità ha interpretato il Titolo VII della legge del 1964 sui diritti civiliche definisce le «pari opportunità di impiego» vietando ogni forma di discriminazione «sulla base della etnia, della religione, della nazionalità e del genere» (il Civil Rights Act), stabilendo che in questa categoria rientrano anche le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. 

La discussione si è incentrata sulla definizione di “genere” fornita dal Titolo VII e si è conclusa con un verdetto a maggioranza 6 a 3. La Corte ha concordato che la discriminazione nei confronti dei lavoratori gay e transgender si basa intrinsecamente sul sesso, poiché il riferimento al sesso considera anche “l’orientamento sessuale”, e che di conseguenza è illegale. «Un datore di lavoro che licenzia un individuo perché omosessuale o transgender discrimina una persona in base al sesso», si legge nelle pagine della sentenza.

La vicenda è legata all’esame di tre casi di discriminazioni subite da omosessuali: un lavoratore in Georgia licenziato perché si era iscritto nel campionato gay di softball; un istruttore di paracadutismo rimasto a casa dopo aver detto a una cliente che non voleva lanciarsi in coppia con lui: «Non si preoccupi, sono gay al 100%»; e una transgender che, dopo sei anni di lavoro in un’impresa di pompe funebri ha perso il lavoro dopo aver detto al titolare che si sarebbe presentata in ufficio vestita da donna.

Si tratta di un grande traguardo per i diritti dei cittadini americani LGBTQ+, dopo il riconoscimento in sede legale nazionale, nel 2015, dei matrimoni tra le persone dello stesso sesso. Il verdetto, poi, assume particolarmente importanza considerando che il pregiudizio sul posto di lavoro nei confronti di dipendenti gay e transgender era impunito in gran parte del Paese. Sono ben 28, infatti, gli stati che in USA non dispongono di misure globali contro la discriminazione sul lavoro.

È un rilancio di una battaglia per i diritti civili, proprio durante le settimane dell’accesa protesta Black Lives Matter diffusasi in tutto il mondo. Un grande passo in avanti nella nazione che ospita le più grandi aziende al mondo e che quindi, potenzialmente, potrebbe innescare il cambiamento positivo anche altrove. Le imprese dovranno infatti adesso adeguarsi e questo forse potrebbe finalmente portare novità nei ruoli organizzativi, nelle retribuzioni e nei benefit. Per lo meno si spera…visto che il genere era già tutelato dal lontano 1964 e che però potere e soldi sono soprattutto privilegio degli uomini bianchi.

Gennaro Di Vittorio

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