Donne a lavoro: più precarie e meno retribuite
Precarie, in part time (non per volontà) e “sovraistruite”. In estrema sintesi questa la condizione delle donne nel mondo del lavoro italiano stando alle evidenze portate in audizione alla Commissione Lavoro della Camera dei deputati da Linda Laura Sabbadini, direttrice della Direzione centrale per gli studi e la valorizzazione tematica nell’area delle statistiche sociali e demografiche dell’Istat.
Nei primi nove mesi del 2019, riporta la professionista, il 17,3% delle lavoratrici ha un contratto a tempo determinato. Tra queste, il 43,5% ha un lavoro part time, che nell’82,1% dei casi è involontario.
Rispetto al totale della forza lavoro femminile, una donna su tre (il 32,8%) ha un part time, contro l’8,7% degli uomini. Il tema rispetto a quest’ultimo dato è legato, in particolare, al fatto che al part time non si ricorre perché richiesto dal lavoratore per conciliare i tempi della vita con quelli del lavoro, ma in quanto risposta delle aziende alla crisi. Il 60% dei part time dunque è “forzato”, evenienza che nel 2007si verificava solo nel 34,9% delle situazioni.
In particolare, l’incidenza del part time non voluto è più alta tra le lavoratrici under 34 e aumenta al diminuire del titolo di studio. Il fenomeno interessa principalmente l’industria alberghiera, la ristorazione, la grande distribuzione e i servizi alle imprese e alle famiglie.
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