Il 47% delle aziende italiane ha difficoltà a reclutare talenti
Il problema del “talent shortage” interessa anche l’Italia, seppur in misura minore rispetto ad altri Paesi.
Con la ricerca Closing the Skills Gap: What Workers Want, Manpower Group ha messo insieme 13 anni di dati del Talent Shortage Survey annuale per tracciare una mappa globale del rapporto tra domanda e offerta di competenze lavorative.
Posizione intermedia per l’Italia. Con il 47% di aziende che lamentano carenza di talenti per le posizioni offerte, facciamo meglio di Paesi come Stati Uniti, Finlandia, Giappone, Grecia e Polonia, tutti con percentuali di difficoltà oscillanti tra il 66 e il 90. Germania, Portogallo, Svezia e India si collocano tra il 56% e il 65% di aziende in difficoltà. Tra le migliori aggregatrici di domanda e offerta in ambito lavorativo figurano Cina, Regno Unito, Francia, Olanda, Svizzera, Norvegia e Sudafrica.
Lo studio ha quindi tracciato, sulla base dei dati raccolti, dei profili su base anagrafica per identificare quali siano i principali motori che spingono i lavoratori di oggi a tenersi stretta la propria posizione o, viceversa, a cambiare aria. Poche sorprese: gli aumenti retributivi sono la priorità assoluta di tutti i lavoratori intervistati, uomini o donne, giovani o anziani.
Dopo la retribuzione, a distacchi variabili, troviamo componenti come la flessibilità degli orari, la possibilità di lavorare in team, la vicinanza a casa, la possibilità di migliorare le proprie skills, l’ambiente lavorativo; queste, sì, differenti a seconda della categoria. Le donne appartenenti alla generazione Z (dai 18 ai 24 anni) danno doppia importanza al guadagno rispetto alla possibilità di sviluppo delle competenze; i millennials (dai 25 ai 34 anni) valorizzano maggiormente la flessibilità (soprattutto le donne) e gli stimoli del lavoro; la generazione X (dai 35 ai 44 anni) cercano il work-life balance, dando molta importanza alle possibilità di smart-working e di congedo parentale, oltre che della flessibilità dell’orario. Chiudono i boomers (dai 55 anni in su), che prediligono un lavoro stimolante e flessibile, ma anche una qualche forma di leadership; sono inoltre molto più result-oriented, per dare un contributo alla comunità.