Intelligenza artificiale: Italia ed Europa indietro nella corsa ai top talent
La rapida e improvvisa crescita dell’interesse per il mondo dell’intelligenza artificiale sembra aver colto di sorpresa il mercato del lavoro europeo e, di conseguenza, italiano. È lo studio AI talent in the labour market condotto da LinkedIn a dare basi concrete a quest’idea: il social network del mondo labour ha analizzato i dati forniti dall’Economic Graph proprietario, per delineare le dinamiche con cui le professioni di ambito IA si sono formate e distribuite, sia per settore industriale che geograficamente.
Che il mercato del lavoro nel settore sia ancora acerbo lo dimostra prima di tutto la disomogeneità della distribuzione geografica dei professionisti: gli Usa ne assumono il doppio rispetto ai paesi membri dell’Ue. Tra questi ultimi, Regno Unito, Germania e Francia da soli ospitano la metà dell’intera community IA europea, con, rispettivamente, il 24%, il 14% e il 12% del totale. L’Italia contribuisce con una fetta del 7,32%.
I settori industriali più interessati ai risvolti del progresso dell’intelligenza artificiale sono quello tecnologico Ict e quello accademico: la prevalenza assoluta di quest’ultimo settore, sopratutto in Italia e Spagna, testimonia il ritardo delle aziende nell’abbracciare l’idea di implementare le nuove tecnologie nelle relative filiere. Si registra anche qui, inoltre, una differenza con la situazione oltreoceano: mentre in Europa sono le grandi aziende ad attirare il maggior numero di talenti del settore, negli Stati Uniti le startup e le “digital natives” la fanno da padrone.
Molto da fare anche sul fronte della gender equality. In Europa, solo il 16% dei lavoratori nel campo IA sono donne, e negli Usa si arriva a malapena al 20%. Nota di merito per l’Italia, che si colloca ben al di sopra della media europea con un buon 25%.