Il general counsel secondo Ben Heineman

Ben Heineman ha fondato l’ufficio legale moderno americano. Certo, i dipartimenti in house esistevano anche prima del suo arrivo in General Electric nel 1987, ma non erano l’equivalente di grandi studi d’affari, come sono invece oggi. Heineman ha costruito un team di oltre mille avvocati, esperti di dati e professionisti del mondo legale, ha portato in house la gestione di molte delle attività legali della multinazionale e ha reso GE Legal un’istituzione.

Un po’ come è accaduto nell’ufficio legale di Eni in Italia, gli ex giuristi di GE sono oggi alla guida di dipartimenti in house di diverse aziende in America e nel mondo. MAG ha incontrato Heineman per conoscere la sua opinione sullo stato della professione legale in house e sulla necessità, per i giuristi, di conciliare il ruolo di legale con quello di supporto ai colleghi del business nel raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Praticamente lei ha creato il dipartimento legale moderno, con oltre mille avvocati e una tale levatura da competere coi grandi studi legali. Ma c’è una tensione intrinseca nel ruolo del giurista d’impresa, visto che lavora per un solo cliente. Come si concilia?

La sfida più grande per il general counsel è quella di conciliare il suo ruolo duplice e contrastante di partner dei business leader e di guardiano dell’integrità aziendale.

Non c’è dubbio sul fatto che i general counsel abbiano fallito come guardiani.

Perché?

Quando Enron e WorldCom iniziavano a collassare, la domanda era: “Dov’erano gli avvocati?”. I giuristi d’impresa erano stati esclusi dalle decisioni chiave. Non erano riusciti a fare domande sulla liceità e appropriatezza di alcune azioni. Si erano limitati ad approvare decisioni commerciali improprie. Ma sfuggirono alle sanzioni formali, con alcune eccezioni.

Quindi?

La scelta per i general counsel non dovrebbe mai essere quella di opporsi o acconsentire rimanendo esclusi dalle discussioni e decisioni chiave. Perché la funzione legale sia efficace, deve superare ostacoli reali e all’interno dell’azienda devono esserci alcune condizioni di base. I gc devono avere l’opportunità e il potere di affrontare i problemi che mettono alla prova le aziende. I direttori affari legali devono comprendere a fondo il business ed essere sempre informati sulle questioni più importanti. Hanno una funzione vitale, quali guardiani e difensori dell’integrità dell’azienda, preservando quest’ultima dai rischi.

Compliance e legal. Il dibattito sulla separazione o unione delle due funzioni è molto acceso. Abbiamo assistito a scandali che hanno coinvolto società che sulla carta sembravano avere una compliance di tutto rispetto, ma che nella pratica non ha funzionato. Cosa ne pensa?

È uno dei temi caldi del mondo della compliance – i ruoli del general counsel, del cfo, del chief compliance officer (cco) e del chief risk officer, se ce n’è uno. Gran parte del dibattito riguarda il riporto del coo, se sia più giusto che sia il gc, il cfo o il ceo. Ma credo sia una questione molto meno centrale rispetto a un autentico impegno verso la compliance da parte del ceo e dei leader del business di un’azienda.

A chi dovrebbe rispondere a suo avviso?

Per un periodo ho sostenuto che il cco avrebbe dovuto rispondere al cfo e al gc, rimanendo una voce indipendente. Ma è solo una mia preferenza, non una prescrizione senza eccezioni.

Penso che l’amministratore delegato debba essere il chief compliance officer dell’azienda in senso figurato, non nel quotidiano ovviamente. Ma a prescindere dalle formalità, non c’è dubbio che tutti questi funzionari aziendali sono responsabili per la compliance, devono accertarsi che ci sia un programma e che venga seguito con integrità e indipendenza. Non c’è dubbio sul fatto che se il ceo per primo non considera la compliance tra i suoi compiti principali, tutti gli sforzi del personale aziendale non valgono molto. Il general counsel, e gli altri funzionari chiave, devono lavorare insieme all’amministratore delegato e ai dirigenti per assicurarsi che chi si occupa della funzione compliance abbia a disposizione i sistemi, i processi e le risorse necessarie a un’infrastruttura di integrità efficace.

CLICCA QUI E SCARICA GRATIS LA TUA COPIA DI MAG PER CONTINUARE A LEGGERE L’ARTICOLO

 

 

 

Gennaro Di Vittorio

SHARE