Giuristi d’impresa e avvocati d’affari: due corpi e un cervello?
Giuristi d’impresa e avvocati d’affari, cultori della stessa materia ma professionisti che fanno un mestiere diverso e hanno scopi differenti. Entrambi però si ritrovano a dover lavorare fianco a fianco (più o meno spesso) per gestire le esigenze legali dell’azienda e proporre soluzioni vincenti per lo sviluppo del business.
Non è difficile immaginare che la stretta collaborazione tra i due non sia sempre fluida. Cosa possono fare gli advisor legali per favorire il lavoro dei legali d’azienda? A questo interrogativo ha risposto Jill Switzer (una mediator che nei suoi 40 anni di carriera ha lavorato sia in house che come procuratore distrettuale) su Above the law fornendo agli studi legali alcuni consigli pratici per lavorare in armonia con i legali d’azienda.
Anzitutto, mai dare per scontato che all’interno dell’ufficio legale ci siano un certo numero di risorse e quindi ipotizzare chi farà quale parte del lavoro.
In secondo luogo, non attendere fino all’ultimo minuto per mandare via e-mail materiali che devono essere archiviati o depositati dopo qualche ora. Né avanzare richieste di documenti ai legali d’impresa senza il dovuto anticipo, pensando che siano sempre pronti a rispondere in qualsiasi momento.
Le mail di follow up dopo una call o un incontro? Sono certamente gradite, ma se essenziali e organizzate per punti; scambi troppo lunghi serviranno solo a richiedere ulteriore lavoro agli in house, costretti a sintetizzare gli aspetti chiave al management prima di condividerli con loro.
Mai gonfiare le fatture alla fine senza aver avvisato il responsabile affari legali degli eventuali costi aggiuntivi.
Last but not least, come direbbero gli inglesi, l’interlocutore dell’ad è e deve rimanere il general counsel, evitare quindi di informare il management di cose prima che l’ufficio legale ne venga messo a conoscenza.
In sostanza, spiega la professionista, consulente e legale d’azienda devono essere “due corpi e un cervello”, ovvero devono “fondere” le proprie conoscenze, trovare insieme soluzioni creative che possano risolvere i problemi della società e ogni tanto, agire in maniera proattiva e preventiva.
I consigli sono certamente utili. Ma quest’ultimo punto si presta a una riflessione.
Sul fatto che l’obiettivo sia comune (quello di far felice il cliente interno o esterno che sia) non ci piove. E nemmeno su quello che si debba trovare una giusta via per collaborare al meglio.
Ma attenzione a non cadere nella tentazione di volere avvocati d’affari a propria immagine e somiglianza, o a pretendere una standardizzazione dei servizi che metterebbe nell’ombra il valore aggiunto del consulente.
Del resto, le relazioni davvero vincenti sono quelle in cui i ruoli sono rispettati reciprocamente.
E poi, due cervelli sono meglio che uno, no?