Competenze digitali in crescita anche nelle professioni tradizionali

Le abilità digitali non vengono più richieste solo agli specialisti ICT, ma anche ai professionisti “tradizionali”. In tutti i settori e in tutte le funzioni aziendali, posizioni più avanzate richiedono competenze digitali, non per creare applicazioni o gestire sistemi, ma per servirsene con efficacia: per comunicare, vendere, produrre, amministrare, gestire il personale, e così via. Alla sfida di investire nelle competenze specialistiche, si aggiungono così quelle di adeguare i percorsi formativi e sostenere l’aggiornamento digitale di milioni di lavoratori attraverso la formazione continua.

È quanto emerge dalla quarta edizione dell’Osservatorio delle Competenze Digitali – condotto dalle principali associazioni ICT in Italia AICA, Anitec-Assinform, Assintel e Assinter Italia con il supporto di CFMT, Confcommercio, Confindustria e in collaborazione con MIUR e AGID – che ha esteso l’osservazione alle professioni non informatiche, quelle in cui si colloca il grosso degli occupati e dei candidati all’assunzione.

L’osservazione si è avvalsa di “elaborazioni big data” di informazioni contenute in 540 mila ricerche di personale via Web per 239 figure professionali avvenute nel 2017, e di ulteriori rilevazioni e focus group per i settori dell’industria, del commercio e dei servizi, con particolare riferimento alla manifattura della meccanica e del fashion, al piccolo commercio al dettaglio della moda, all’hospitality (alberghi- ristorazione) e al settore pubblico.

Nell’industria, il peso delle abilità digitali (DSR-Digital Skill Rate) è più evidente: il DSR va dal 20% medio per le professioni di supporto e management al 17% medio per le figure core, con punte più elevate nella produzione, progettazione, ricerca e sviluppo, nel marketing e nella gestione delle risorse umane.

Nei servizi, il DSR medio va dal 14% per le figure di supporto e management al 13% per le figure professionali core. Nel commercio, l’indicatore presenta valori medi del 13% per le figure di supporto a management e del 12% per quelle core.

C’è inoltre una forte correlazione tra skill digitali e soft skill, e cioè quelle abilità trasversali un po’ a tutti mestieri che connotano una più evoluta professionalità: apertura al cambiamento, conoscenza dell’inglese, problem solving, team working, pensiero creativo, capacità di parlare in pubblico, di gestire il tempo e di comunicare con i clienti. La presenza di soft skill è infatti uguale o maggiore rispetto alla media di settore nelle professioni con DSR più elevato, con rispettivamente 35% nel commercio, 36% nei servizi e 35% nell’industria.

Tutte le evidenze dello studio portano a vedere il digitale come componente indispensabile e sempre più importante in tutti i mestieri, nuovi e di sempre. Perché tutti possano adeguare e arricchire il portafoglio di conoscenze e competenze l’Osservatorio ha identificato almeno quattro ambiti su cui impostare nuove iniziative e rafforzare quelle già esistenti:

  • rinnovare i percorsi di formazione in ottica digitale a tutti i livelli: dalla scuola secondaria all’università, dalla riconversione professionale alla formazione del management;
  • ridurre l’eterogeneità nella domanda di competenze digitali nelle professioni, a livello settoriale, funzionale o territoriale;
  • sostenere la piena valorizzazionedelle opportunità di lavoro legate a competenze digitali non specialistiche, anche nei settori non tecnologici;
  • spingere le capacità di e-Leadershipe change management nei ruoli dirigenziali e in tutte le imprese, perché è il management che deve stimolare l’innovazione.

Gennaro Di Vittorio

SHARE