Il legale in house? Un presidio per la catena del valore

A guardarla oggi, così elegante e sicura di sé, è difficile immaginarla come un’adolescente degli anni ‘80 cresciuta nel Sud Italia tra le spalline imbottite e i programmi della tv commerciale. Eppure sono state proprio quelle pubblicità che scorrevano sul piccolo schermo appena uscito dal monopolio statale ad aver segnato – oltre all’amore per il diritto – il futuro di Silvia Carteny (nella foto). «In televisione vedevo immagini luccicanti e patinate di prodotti che nella mia realtà quotidiana potevo solo sognare. Penso sia stato in quel momento che ho capito che il mio futuro lavoro sarebbe stato in una di quelle grandi aziende», ricorda l’avvocata.All’epoca però chi amava il diritto aveva solo una strada: la libera professione. «Ma quello era un lavoro che non mi piaceva. Il mio immaginario della professione formatosi durante il corso di studi di giurisprudenza si è scontrato con la dura realtà delle aule di tribunale. Io desideravo un lavoro in cui unire le mie passioni: il diritto e l’azienda». Quale strada scegliere, quindi? Quella di una professione che quasi non esisteva: l’avvocato d’impresa. «Quando ho iniziato io – ricorda Carteny – questo lavoro non lo conosceva nessuno. E i colleghi facevano addirittura fatica a capire in che cosa consistesse. L’idea era che fosse un impiego da ‘sfigati’, da avvocati a metà. Ricordo che i legali di libero foro faticavano persino a rivolgerti la parola».

Il suo primo incarico come in house counsel è stato in Unilever, una multinazionale che commercializza prodotti di largo consumo come Lipton, Algida, Knorr e, di recente, anche il marchio di gelati italiani Grom. «Ho lavorato lì per 11 anni ricoprendo vari incarichi, tra cui quello di responsabile hr e, per un periodo, sono stata anche a capo del personale di una fabbrica». Poi è arrivata Galbani con il fondo di private equity BC Partners, dove Carteny si è occupata di costruire la direzione degli affari legali e dove è rimasta anche quando l’azienda ha cambiato proprietà ed è passata alla multinazionale francese Lactalis. «Ogni esperienza lavorativa mi ha insegnato qualcosa, mi ha preparata a quello che sarebbe venuto dopo. Il lavoro in Lactalis, per esempio, mi ha insegnato cosa significa lavorare per un’azienda che ha come socio una famiglia».

Una lezione importante visto che oggi Silvia Carteny lavora nella famiglia-azienda per eccellenza: Versace. La casa di moda è stata fondata nel 1978 dallo stilista Gianni Versace e, dopo la sua morte, è stata lasciata in eredità alla famiglia. Il fratello Santo ne è il presidente, la sorella Donatella è vicepresidente e direttore creativo, mentre la figlia di Donatella, Allegra Versace Beck, è l’azionista di controllo. «In questa azienda – spiega la general counsel – qualsiasi decisione viene condivisa con gli azionisti». Un vantaggio o uno svantaggio?

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Gennaro Di Vittorio

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