Altroconsumo alla carica contro Fiat
Qualcuno l’ha già ribattezzato il Dieselgate all’italiana eppure per la class action promossa da Altroconsumo contro Fiat sui dati di consumo del modello Panda, la strada è ancora lunga se non decisamente in salita. A novembre, la Corte d’Appello del Tribunale di Torino ha dichiarato ammissibile (non manifestamente infondata) l’iniziativa dell’associazione. E ora l’azione collettiva è nella fase più delicata: quella della raccolta formale delle adesioni. Ma l’esito è tutt’altro che scontato. Come racconta l’avvocato Paolo Martinello, ex presidente di Altroconsumo e attuale difensore dei consumatori che vorranno aderire all’azione collettiva, «abbiamo raccolto circa 12 mila pre-adesioni e questo è sicuramente un buon punto di partenza. Ora bisognerà però vedere quanti consumatori presenteranno quella formale. Noi contiamo di raccoglierne alcune migliaia ma il risultato in questi casi non è facilmente prevedibile».
Possibile risarcimento di 239 euro
In ogni caso i possessori di una Fiat Panda di terza serie 1.2 (51 KW) avranno circa 3 mesi di tempo (120 giorni a partire dallo scorso 17 dicembre) per aderire attraverso Altroconsumo o depositando direttamente l’atto presso la cancelleria del tribunale di Torino. «L’unico onere probatorio richiesto – spiega Martinello – è la prova d’acquisto dell’auto, in modo da poter dimostrare di essere i titolari». In questo modo si potrà verificare se quanto sostiene Altroconsumo sia vero, cioè che sussiste un «danno ingiusto subìto dai consumatori a causa dell’assenza nell’auto acquistata delle caratteristiche di consumo pubblicizzate. Mancanza che si è tradotta in maggiori spese per il carburante. Ipotizzando una percorrenza annua di circa 15 mila chilometri, il risarcimento richiesto è di 239 euro». È questa infatti la cifra che l’associazione di tutela dei consumatori chiede per ogni automobilista. «Si tratta di un risarcimento davvero minimo – ammette Martinello – e infatti chi aderisce ad azioni come questa non lo fa certo per avere un ritorno economico ma per difendere i propri diritti. Mi rendo però conto che l’istituto della class action, così com’è formulato nel nostro Paese, rischia di scoraggiare molte persone», ammette l’avvocato. In Italia, infatti, a differenza che negli Usa dove è nato questo istituto, i consumatori devono aderire esplicitamente alla class action facendosi perciò carico di informarsi e presentare tutti i documenti necessari. Al contrario, negli Stati Uniti non è necessario presentare alcuna richiesta e tutti i danneggiati vengono automaticamente inseriti tra i soggetti interessati. «Un bel vantaggio – spiega Martinello – soprattutto quando si affrontano azioni difficili come quelle che riguardano beni di consumo enti rispetto a cui hanno una relazione di dipendenza, vedi le banche».
Effetto Volkswagen
In questo caso però a incentivare l’adesione potrebbe giocare un possibile “effetto Volkswagen”. Tuttavia Martinello rimane molto cauto: «Non bisogna dimenticare che stiamo parlando di una causa molto difficile perché ci muoviamo in un settore altamente regolamentato». Motivo per cui lo stesso tribunale di Torino aveva inizialmente bocciato la tesi di Altroconsumo sostenendo che le modalità dei test effettuati da Fiat sono dettate da rigorose norme comunitarie che non lascerebbero spazio a discrepanze tra diverse misurazioni. La Corte di Appello ha però riaperto il caso.
Fiat ha ribadito la correttezza dei dati
In attesa di scoprire quante adesioni raccoglierà l’Associazione dei consumatori, Fiat ha ribadito la correttezza dei dati sui consumi. L’azienda ha inoltre ipotizzato che le differenze tra il consumo dichiarato e quello rilevato da Altroconsumo siano dovute allo stato dell’automobile utilizzata per la prova e alle modalità di misurazione che, secondo la casa automobilistica, sarebbero in parte diverse da quelle prescritte dalla legge.